00:00 16 Luglio 2003

Meteolive sul Ghiacciaio del Calderone! (seconda parte)

Due spedizioni, una proveniente da Prati di Tivo, l'altra da Campo Imperatore, si sono date appuntamento sul ghiacciaio più meridionale d'Europa, nel gruppo del Gran Sasso d'Italia, in Abruzzo, per analizzarne lo stato di salute. Esperienza epica per tutti i partecipanti...

E’ un’aurora calda e colorata, quella che, lieta, ci solletica il risveglio, invitandoci al nuovo giorno da affrontare. Siamo al Franchetti, quota 2433 metri: l’aria del mattino è frizzante, il termometro segna 9°C, ed il cielo si presenta di un azzurro intenso, in grado di esaltare come meglio non si potrebbe il caldo arancio della bastionata sud-orientale del Corno Piccolo. I colori dell’aurora sfidano quelli del crepuscolo in una gara ad armi pari, una contesa in cui a vincere è la sete d’emozioni di noi stupiti ammiratori, una sete mai così lungamente soddisfatta.

Dopo un’abbondante, doverosa colazione, il gruppo guidato da Emanuele Latini e Marco Scozzafava parte alla volta della Sella dei Due Corni, poco più sopra, mentre dalla parte opposta della dorsale montuosa, in località Campo Imperatore, il secondo gruppo della spedizione sta per partire alla volta del ghiacciaio del Calderone.

La prima pausa avviene proprio in prossimità della Sella dei Due Corni, a quota 2547 metri, di fronte all’immensità di un panorama di rara bellezza. Il Pizzo Intermesoli domina la vertiginosa Val Maone, mentre il Cefalone la chiude a nord in un gioco di balzi di roccia degno del più severo ambiente alpino.

Ovunque, circhi glaciali e dossi morenici ci riportano ad un passato non troppo lontano, quando questa zona non doveva mostrarsi tanto dissimile dal severo ambiente dei “Quattromila” valdostani.

Scambiamo una rapida battuta con due guardiaparco in servizio in zona, e poi affrontiamo la ripida salita che in breve ci porta sui 2679 metri del Passo del Cannone. Da qui la vista aerea sul Franchetti e sul percorso effettuato è di quelle che emozionano: ci sarebbe da fermarsi, da riflettere, da rubare qualche immagine con i nostri supporti tecnologici digitali… Ci sarebbe da gridare al mondo la gioia di quel momento, ma poi ti rendi conto che non tutti sarebbero disposti ad ascoltarti; e allora prosegui, in un misto di commozione, di rabbia e di gioia; tagli il costone roccioso, zigzaghi ancora un po’ sul pendio, superi due nevai, sali ancora ed infine arrivi: sei sulla morena sommitale del Ghiacciaio del Calderone!

D’istinto, ti fermi: di fronte a te hai il ghiacciaio più meridionale d’Europa, quel che resta di un trabordante ed ampio ghiacciaio che un tempo invadeva gran parte della Valle delle Cornacchie. Ad oggi ne rimangono due blocchi, di cui quello superiore, più piccolo, rimane adagiato tra i 2700 ed i 2800 metri di quota circa sulla conca sottostante la Vetta Occidentale del Corno Grande, mentre quello inferiore, più grande, occupa un vasto invaso glaciale circoscritto dalle tre maggiori vette del Corno, e chiuso dall’imponente morena che lo separa dalla Valle delle Cornacchie.

Sono le 11 del mattino e Meteolive ha raggiunto la mèta prefissa. Ora c’è da attendere il secondo gruppo, oramai in dirittura d’arrivo, avendo di già oltrepassato la Sella del Brecciaio.

Il gruppo si ferma a far rilevamenti, osservazioni, fotografie. Emergono dati interessanti, come lo spessore di alcuni nevai che ricoprono il ghiacciaio, che in alcuni punti supera abbondantemente i 5 metri. Il ghiacciaio si mostra tuttosommato in buona salute, sicuramente in ripresa dopo il devastante trend della seconda parte degli Anni Novanta che aveva fatto temere per la sua stessa sopravvivenza. Una cosa però è sicura: dopo il generoso inverno appena trascorso, ci si aspettava un innevamento migliore a difesa del ghiaccio sottostante; così invece non è stato. Evidentemente, il gran caldo degli ultimi ottanta giorni ha rovinato quanto di buono era stato costruito da novembre ad aprile. Ma tant’è…

Ci fermiamo ancora, indugiamo: non riusciamo ad abbandonare quella vista. Ci muoviamo a destra e a sinistra, saliamo in quota e scendiamo poi giù, nel punto puù basso del ghiacciaio. Esaminiamo tutto quello che ci può essere da esaminare con i nostri mezzi a disposizione.

Su tutto impera un silenzio inquietante, mentre sulle vette dei due Corni s’intravedono le sagome di intrepidi trekkers che con orgoglio conquistano le vette bramate.

Ma, quasi d’improvviso, dalla Valle delle Cornacchie iniziano a levarsi nubi minacciose che dalle quote medie inseguono le vette più alte. Ai nostri piedi vediamo il Franchetti scomparire dentro una densa coltre bianca, mentre molte vette vengono raggiunte da nubi a sviluppo verticale. L’atmosfera si sta instabilizzando e a malincuore dobbiamo decidere di recedere dal nostro secondo obiettivo: la Vetta Occidentale del Corno Grande.

Alle 12 avviene l’epico incontro con il secondo gruppo: il tempo dei sorrisi, degli abbracci, dei commenti e delle foto per immortalare un momento storico. Poi il tempo per affrontare la discesa si fa maturo: il sole scompare definitivamente dietro un cielo quasi coperto, e a noi non resta che ridiscendere con una certa fretta.

Le ultime emozioni ce le regala il Corno Piccolo, a tratti nascosto dietro bianchi vapori che creano al contempo plasticità e sfuggente dispersione.

Al Passo delle Scalette ci coglie lesto il temporale: il tempo d’arrivare alla Madonnina ed è già tutto finito! Qui prendiamo la seggiovia per la discesa a Prati di Tivo.

Nei diciassette minuti che occorrono per guadagnare il punto di partenza, ognuno di noi resta in silenzio, con il pensiero che ancora una volta sfida il presente per andare alla ricerca dei momenti più intensi dell’esperienza appena vissuta. E scopre in ognuno di noi un nuovo bagaglio di emozioni che da quel momento in avanti arricchirà per sempre i suoni, i colori e le memorie delle nostre vite. Per sempre.
Autore : Emanuele Latini