00:00 18 Febbraio 2004

Marco Pantani, il ricordo di MeteoLive

Il 22 maggio 1999, sul Gran Sasso d'Italia, Marco Pantani scrisse una delle pagine più belle della sua storia sportiva. Dopo il dramma consumatosi negli ultimi giorni, è così che noi vogliamo ricordare colui che è stato prima di tutto un grande uomo di sport.

“Pantani è la nuova maglia rosa del giro”. Così titolavano giornali e tivù all’indomani del 22 maggio 1999, ottava tappa dell’ottantaduesimo Giro d’Italia.

Erano i risvolti sportivi e i commenti di giornalisti e cronisti alla prima vera salita del Giro, dopo “l’antipasto” del Monte Sirino (quinta tappa), quella salita che da Pescara, sul Mare Adriatico, aveva condotto i corridori fin sopra i 2130 metri della montagna aquilana, nel regno di freddo, vento e neve, dopo 253 chilometri di saliscendi senza tregua.

Pantani aveva vinto proprio là, su quel Gran Sasso d’Italia che nel corso dei mesi precedenti aveva vissuto uno degli inverni più generosi di neve degli ultimi vent’anni. E quel giorno, così lontano dai rigori dell’inverno, e così vicino alla calura di un’estate tutta da vivere, aveva invece riservato l’emozione di una tappa da brivido, con un temporale a sorprendere tutti già alla partenza, e con un arrivo tra freddo, vento e muri di neve ad ornare la strada stretta e tortuosa della vetta numero uno dell’Appennino.

Si inizia a Pescara, e come dicevamo è già temporale. Sembra di essere due mesi addietro, anche se il calendario dice che mancano pochi giorni all’inizio dell’estate. Si sale, si sale.

Ad oltre 1200 metri di altitudine c’è già una vetta da scalare: è il Valico Olmo di Bobbi. Quando lo si affronta, la fuga di Piccoli e Caucchioli è già iniziata da un pezzo: il distacco toccherà nel suo punto massimo i 12 minuti; poi, ai piedi del Gran Sasso, inizia la rimonta. Il gruppo, pressoché compatto, si sfalda pian piano sotto la terribile salita che da Paganica tocca Assergi prima e Fonte Cerreto poi. Si va avanti, con Pantani che spinge, lasciandosi dietro nomi illustri come Garzelli e Podenzana. “Chepe” Gonzales ci prova, ma viene istantaneamente piantonato e il suo tentativo va a vuoto. Il vantaggio dei due fuggitivi si assottiglia sempre più, mentre man mano che si sale il clima si fa sempre più rigido.

Quando mancano sette chilometri all’arrivo, dopo duecentodieci di fuga solitaria, Piccoli e Caucchioli vengono ripresi: ed è qui che comincia il Giro d’Italia di Marco Pantani.

Dopo tre chilometri è Simoni ad attaccare, ma l’azione non va a conclusione perché nell’iniziativa si inserisce Jimenez, che si porta dietro una “coda” formata da Camenzin, Gotti e, per l’appunto, Pantani. Questi ultimi due, a due chilometri dal traguardo, serrano le fila e spingono sui pedali: non c’è nessuno che possa stargli dietro, se non Jimenez che continua a crederci.

Ma il Pirata ha deciso che quella deve essere la sua tappa, e così, con uno scatto dei suoi, lascia dietro di sé il vuoto e vola solitario verso la vetta. La pendenza è del 9%, la strada è stretta e tortuosissima, fa freddo e poche centinaia di metri più in alto nevica. A Campo Imperatore c’è nebbia, con la temperatura che rimane per pochi gradi sopra lo zero, e con ai bordi della strada autentici muri di neve alti due metri! Nelle zone non esposte al sole, il manto bianco rimane addirittura continuo: d’altro canto, fino a poche settimane prima si era sciato! Sono condizioni climatiche terribili per chi è in bici!

Marco Pantani, nel regno del gelo, al culmine di una tappa al cardiopalma e fisicamente straziante, arriva per primo, da solo, lasciando un distacco di ben 23’’ negli ultimi due chilometri su Jimenez, che alla fine arriva secondo. Jalabert perde la maglia rosa, che passa al Pirata.

Da quel giorno in avanti, tappa dopo tappa, ogni giorno di più, Marco Pantani scriverà il suo nome sul quel Giro d’Italia. O meglio, fino al 5 giugno. Da quel giorno, infatti, la maglia rosa cambia padrone, ma non sono state le pedalate, né certo le montagne, a deciderlo.

Il Gran Sasso è rimasta così una delle ultime pagine felici del nostro Pirata. Dal 5 giugno 1999 la vita di Marco Pantani, infatti, è cambiata. E, se vogliamo, anche quella del nostro ciclismo.

Tutti sappiamo cosa è successo, ma non sta a noi giudicare le scelte di vita e di sport di quello che è stato un grande campione. Però è nostro dovere ricordarlo, a nostro modo, per quello che è stato sulla sua bici e sulle nostre montagne.

Semplicemente grazie, Pirata!
Autore : Emanuele Latini