00:00 3 Giugno 2009

Letteratura: GRANDINATA sulle campagne

Dalle pagine di Giovanni Comisso una grande pagina di letteratura meteorologica.

E’ stato per molti anni un grande classico dei libri di antologia per ragazzi della scuola media lo stupendo pezzo di letteratura meteorologica di Giovanni Comisso, un estratto dal libro “la mia casa di campagna” edito da Longanesi in cui viene descritta con rara intensità una fase temporalesca culminata con una disastrosa grandinata.
Rileggete allora insieme a noi questo brano e immaginate di trovarvi in campagna insieme a questi contadini, magari ricordando la casa dei nonni o degli zii, insomma fate voi, ma leggetela, ne resterete ammirati…qualche nota potrà soddisfare la curiosità meteo della fase descritta.

“Una sera si videro alte nubi formarsi lentamente e avanzare(1), i galli cantavano in ore che non erano quelle dell’alba e gli animali nella stalla volgevano gli occhi inquieti tra il fastidioso volteggiare delle mosche.
Il mattino dopo fu pesante, coperto da uno strato di nuvolaglia che non si muoveva, qualche ora prima di mezzogiorno sorsero subitanei soffi di vento che reclinarono biancheggianti i salici, e sotto il grigio delle nubi ne apparvero altre nere, che rotolavano (2) come onde, per larghe estensioni.
I contadini erano ritornati sudati dai campi, con le braccia pendenti, guardavano il cielo con la speranza promettesse una buona pioggia e andarono a mangiare.
Le campane del villaggio si erano intese suonare il mezzogiorno vicinissime, come avveniva quando minacciava il cattivo tempo e poco dopo schioccarono le prime gocce, grossissime sulle foglie, sollevando la polvere del cortile. Le nubi nere si erano fuse con quelle grigie formando un colore giallastro (3).
Per un poco si sentì solo sbattere la pioggia sulla terra, sulle tegole e sulla verzura sovrabbondante, poi un tuono e un fulmine aquarciarono il cielo raddoppiando la pioggia (4), ma allo scoppio di un altro fulmine fragoroso la pioggia cessò di colpo. Si intese l’odore caldo della terra che si intrideva d’acqua e subito dopo biancheggiò la grandine saltellante, risuonando come sassi sulle tegole, tambureggiando e forando le foglie, formando strati sull’erba e sul cortile.
Tutti gli alberi, le viti, le piante dell’orto, le acacie sulle strada si tenevano fermi, spauiriti, oppressi dalla martellante caduta.
I contadini subito interrotto il mangiare si erano radunati sotto il portico con le spalle coperte dalle giacche da inverno, una donna si era messa a bruciare ulivo su di un mucchio di brace, il fumo azzurrognolo veniva portato via a strappi, il cielo annerito dava vigore ai lampi che si succedevano continui tra il brontolio dei tuoni e il trapestio della grandine ovunque.
I contadini non fiatavano, dilatato lo sguardo, stringendosi le braccia tra le mani, guardavano e sembravano non volessero credere. Le viti perdevano le foglie, lo strato bianco cresceva, poi la pioggia prese a mischiarsi alla grandine, ancora qualche chicco rimbalzò sotto il portico, come una pallottola sperduta, poi scese solo la pioggia.
I contadini dicevano che quella che era venuta era bastata.
Si susseguirono ai lampi i tuoni, il cupo giallore del cielo si sciolse, il vento turbinò nell’aria fattasi gelida, gli alberi si agitarono come per liberarsi dalla terra e partire per il cielo.
Rallentò la violenza della pioggia fino a cessare e si intese solo lo scorrere dell’acqua, il gorgogliare delle grondaie, il gocciolare degli alberi disfatti. Si dischiuse il cielo tra tuoni lontani, riapparve il sole e dalla parte opposta l’arcobaleno sullo sfondo grigio delle nubi. (5)
I ragazzi lo ammiravano con gioia ma gli uomini rimanevano abbattuti scrutando l’orizzonte per assicurarsi che tutta la violenza fosse finita.
Più tardi, quando fu possibile uscire a camminare verso i campi, subito si udì un odore di foglie cadute come in un prematuro autunno.
I contadini, prima ancora di constatare i danni causati, ripetevano sommessi: “siamo rovinati”.
La campagna aveva un aspetto lugubre, il verde prima traboccante non esisteva più. Il granone abbattuto, stracciato nelle larghe foglie, i campi di foraggio calpestati come da una torma di cavalli, le pesche rosee mordicchiate, l’uva scoppiata nei grani e strappate le foglie.
La giornata estiva non finiva ancora, stavano indecisi se buttarsi a dormire o riprendere a sperare, quando il più giovane disse che bisognava dare il verderame alle viti per salvare quello che rimaneva e si mise di scatto al lavoro.
Un altro preso di scatto la falce e si mise ad affilarla, bisognava falciare il foraggio per farlo subito rigermogliare.
E tutti si misero a falciare rapidi, come adirati.
GIOVANNI COMISSO

NOTE
(1) qui potrebbe rifersi a cirri, a cirroculumuli o addirittura ai castellani che annunciano instabilità temporalesca estiva.
(2) roll cloud nube a rotolo temporalesca; è la testimonianza che sta entrando aria fredda.
(3) il colore giallastro come quello verdastro indicano la formazione di grandine in sospensione.
(4) la caduta del fulmine accentua la velocità di caduta delle gocce.
(5) il temporale si muoveva da ovest verso est, magari legato al classico fronte freddo estivo; è pertanto logico attendersi la comparsa dell’arcobaleno dopo il suo passaggio anche se in realtà alle 3 del pomeriggio, ora stimata per la sua comparsa nel testo è impossibile che disegni un arco tanto grande; più è basso il sole all’orizzonte, più esteso, visibile e bello sarà l’arcobaleno.
Autore : Report di Alessio Grosso