00:00 31 Luglio 2010

LAGO D’ARAL: il tentato omicidio dell’uomo, la strenua e difficile resistenza

La storia del Lago d'Aral tra passato, presente e futuro.

Il peggio sembra essere passato. Il Lago d’Aral, il famoso lago salato in cui si poteva leggere il giornale in acqua senza temere di andare a fondo, ha rischiato seriamente di prosciugarsi per sempre.

Nel 2005 grazie alla costruzione di una diga, il livello dell’acqua era tornato a salire nelle zone più a nord e contemporaneamente ne era diminuita la salinità, erano tornati i pesci e c’era stata anche una discreta ripresa economica.

Nel 2010 però le immagini scattate dal satellite non sono per nulla incoraggianti. In molte zone il prosciugamento continua.

Le zone da salvare sono soprattutto quelle meridionali: la deviazione di un fiume, un progetto ambizioso ma soprattutto molto costoso, che prevede anche accordi politici importanti.

In ogni caso ciò che è stato compiuto dall’uomo al quarto lago più grande del mondo rappresenta un vero attentato alla natura.

Al posto del lago ora troviamo chilometri di steppa, sabbia, desolazione, solitudine. Il deserto. Il lago d’Aral, per chi non lo sapesse si trova in Asia centrale, tra Uzbekistan e Kazakistan. In passato pare avesse un emissario che portava le sue acque fino al mar Caspio e che fungeva da via navigabile collegata alla "via della seta".

Chi ne ha voluto allora il prosciugamento? I russi, che hanno deciso di tagliargli i viveri, chiudendo i rubinetti dei due immissari per irrigare campi di cotone in aree altrimenti desertiche. Il progetto era quello di trasformare il lago in una risaia, per mandarci poi le mondine a raccogliere riso.

Per favorire l’attecchimento del riso sono stati usati diserbanti e pesticidi in gran quantità, con danno ambientale e alla salute umana incalcolabile. In 40 anni la linea della costa è arretrata in alcuni punti anche di 150km lasciando al posto del lago un deserto di sabbia salata invece del previsto acquitrino.

Un fallimento totale. Nel 1987 il lago si è diviso in due parti. Ricordo negli anni 70 di aver assistito ad un documentario in cui si presentava turisticamente la zona, con le sue acque limpide, le spiagge, i bagnanti. Ci si lamentava però già allora di un misterioso ritiro delle acque. Il regime sovietico naturalmente in quei tempi taceva e qualcuno pensò bene di attribuirne la colpa al clima secco che interessò la zona in quegli anni.

Invece i sovietici avevano chiuso i rubinetti e l’Aral si era ridotto in poco tempo di oltre il 70 per cento. E’ chiaro che a livello microclimatico uno sconvolgimento del genere non passa inosservato: l’umidità è diminuita, piove meno, in estate fa più caldo, le escursioni termiche sono notevoli.

Il ritiro del Lago d’Aral ha fatto emergere un altro scheletro nell’armadio dei russi, una potenziale minaccia non solo per l’Asia, ma anche per l’Europa. Nell’Urss i fondi destinati alla sanità venivano drammaticamente tagliati ed inviati sull’isola della Rinascita, proprio sul lago d’Aral, in Kazakistan, dove un gruppo di specialisti preparava armi batteriologiche disponibili per ogni evenienza. Si iniettavano alle scimmie e ai topi i batteri delle malattie più terribili, tra cui quello della peste bubbonica, dell’antrace. Ma con la "glasnost" e la "perestroika" di Gorbaciov tutto è stato abbandonato, finchè il prosciugamenteo del lago non ha provocato qualcosa di tremendo: l’isolotto è diventato una penisola, sulla quale hanno scorazzato, ignari, animali di ogni tipo. Nell’agosto del 2001 un uomo e suo figlio di 13 anni avevano perso un cammello nella zona.

Per cercarlo sono stati infettati dal batterio della peste: il padre è morto, il figlio è salvo per miracolo, ma in Kazakistan la gente ha vissuto nel terrore di un’epidemia per mesi. La bonifica del 2002 non ha convinto completamente.

Moynaq è un po’ l’icona del barbaro assassinio sovietico. Ormai ci sono solo fabbriche ittiche abbandonate, case fatiscenti, è quasi una città morta, con le vecchie barche rinsecchite ed arrugginite lasciate là in mezzo alle dune di sabbia e sale. C’è comunque ancora la speranza di recuperare parte del livello dell’acqua; questo potrebbe rappresentare una parziale rinascita per la cittadina, ma è ancora presto per cantare vittoria, La diga Kok-Aral, completata nel 2005, ha fatto salire il livello delle acque nella parte settentrionale di circa 4 m. C’è comunque anche un altro progetto: la costruzione di una seconda diga, che possa aiutare il lago a riprendersi ulteriormente.

La situazione resta comunque molto grave: le tempeste di sale e sabbia ogni anno nuocciono gravemente alla salute delle popolazioni locali, a causa del trasporto di particelle di pesticidi. 

La pesca è comunque l’attività più redditizia, purchè non si esageri nel riempire di nuovo troppo il lago, perchè russi, cinesi ed Uzbeki qui ci devono ricavare gas naturale, il sottosuolo infatti ne è assai ricco. L’obiettivo della nuova diga sarebbe comunque quello di riportare il livello dell’Aral a bagnare il porto di Aralsk, che si trova ancora a oltre 20km di distanza dal lago.

Gli Uzbeki ritengono invece che l’unica soluzione sia quella di investire nel rinverdimento del deserto lasciato dal lago evaporato, piantando un arbusto noto anche con il nome di "albero del sale", in grado di vivere in ambienti aridi e dalla salinità elevata. In 10 anni questi arbusti dovrebbero limitare la dispersione di quantità di sale inquinate durante le frequenti tempeste di sabbia.

Autore : Report e sintesi di Alessio Grosso