00:00 10 Giugno 2010

L’influenza della sabbia del deserto sulla pioggia

La sua presenza comporta dei cambiamenti sulla quantità di precipitazione che arriva al suolo?

Durante una avvezione di aria calda dovuta a forti correnti meridionali sviluppatesi a tutte le quote, si possono distinguere varie fasi che in molti casi si ripetono quasi ritualmente. Fra queste va evidenziato il periodo in cui le correnti di Scirocco diventano più impetuose e costanti, dato che la loro azione permette di trasportare ingenti quantità di sabbia dai deserti africani verso i nostri cieli.

In tale occasione allora possiamo osservare cieli perlopiù velati e foschia piuttosto densa, con temperature che raggiungono picchi veramente notevoli. La fase finale della avvezione calda invece vede l’avvicinamento da ovest di aria più fresca atlantica; il solito meccanismo fisico che genera le linee di instabilità prefrontali (ossia provoca la nascita di ammassi nuvolosi che precedono il fronte freddo anche per alcune centinaia di chilometri) porta allora alla nascita di cumuli e cumulonembi (le classiche nubi temporalesche) che si trovano immersi in questa cappa di sabbia in sospensione.

Si può osservare con facilità come nel caso in esame queste nubi non riescano a scaricare più di qualche “gocciolone”, la cui caduta piò essere testimoniata anche a distanza di ore dall’alone giallastro (dovuto alla presenza della sabbia stessa) che lasciano sulla carrozzeria della macchina o sui vetri. Ma come mai non si verificano precipitazioni intense, nonostante siamo in presenza di nubi a sviluppo verticale? Tutto dipende appunto dalla concentrazione di sabbia nell’aria.

Lo Scirocco infatti si genera proprio in pieno deserto, ed è responsabile delle “tempeste di sabbia” che siamo abituati a vedere anche nei film; i granelli vengono poi portati verso l’alto ed arrivano sulle nostre teste quando ricoprono uno strato d’aria che in media va dal suolo fin verso i 2,5 – 3 km di quota; il loro effetto è quello di far calare repentinamente l’umidità (intesa come rapporto fra la massa di vapore acqueo e la massa totale) dello strato d’aria interessato.

Pertanto le goccioline di pioggia che si formano per condensazione attorno ad ognuno dei granelli di sabbia hanno diametro veramente esiguo, e quindi rimangono in sospensione, oppure se riescono a cadere verso il basso evaporano ancor prima di toccare il suolo.

Al contrario all’interno delle nubi cumuliformi il vapore acqueo viene sospinto fino a quote estremamente elevate, pertanto si generano cristalli di ghiaccio che poi tendono a cadere a causa del loro stesso peso; durante la discesa una volta arrivati al punto di liquefazione (quando incontrano temperature attorno a 1-3°C) in molti casi si trovano ancora al di sopra della fascia atmosferica occupata dalla sabbia ed allora quando la incontrano tendono a rimpicciolirsi gradualmente (proprio per il calo di umidità relativa e l’aumento di temperatura) per poi evaporare prima di arrivare sul terreno.

Ma in alcuni casi i cristalli di ghiaccio sono così grandi che non si sciolgono completamente fino a che non sono arrivati fino a 1-1,5 km di altezza, perciò quando si liquefanno hanno già superato buona parte dello strato di sabbia; allora riescono a continuare a cadere con buona velocità arrivando al suolo sotto forma di grosse gocce di pioggia appena “integrate” da qualche granello di sabbia.

Sempre a causa della bassa umidità indotta da questo tipo di circolazione di solito i cumuli ed i cumulonembi presentano una base sviluppata attorno ai 2-3 km di quota, invece che a 500-1000 metri come usuale; inoltre spesso la loro vita è molto più breve del normale, visto che poi si trasformano in altocumuli “castellani” o in piccoli ammassi nuvolosi apparentemente innocui. Comunque in generale le piogge più consistenti arrivano solo se a “chiudere” l’avvezione calda c’è un fronte freddo molto veloce che possa portare un repentino calo delle temperature e quindi un improvviso quanto efficace processo di condensazione di buona parte del vapore acqueo contenuto nell’atmosfera stessa.

Autore : Lorenzo Catania