00:00 15 Gennaio 2015

L’età e i fenomeni atmosferici

Come cambia con il passare degli anni il rapporto con il tempo.

Quando ero ragazzo adoravo il grigiume della città.

Immaginate i Beatles sul tetto della Apple quando cantano "don’t let me down", nel loro ultimo concerto insieme. Immaginate quel cielo. Era il mio ritratto mentale della città. Lo associavo, chissà perchè, alla visita alla centrale del latte alle elementari, quando in pullman avevo scoperto Milano e i miei occhi l’avevano fotografata uggiosa e un po’ triste, ma tremendamente intima e seducente.

Nell’infanzia la normalità era il grigio dell’asfalto, gli alberi nudi nel cielo sporco, la nebbia che avvolgeva i palazzi sin quasi a toglierti il respiro perchè la visibilità scendeva davvero a zero come nelle campagne, e gioivo di quelle notti lunghe, di quell’alba che non arrivava mai. Di quei bellissimi ricordi, tutti positivi, riesco ancora ad apprezzare l’arancione del cielo notturno quando la neve cade a larghe falde, basta.

Per il resto, con il passare degli anni ho scoperto il valore e la bellezza della luce. Quando metti su famiglia e hai dei bambini, ti rendi conto che per loro la città offre il NULLA, ad eccezione di quattro giardinetti in mezzo allo smog e se piove e devi tenerli in casa tutto il giorno (scuola a parte) , e se fa buio presto i giardinetti sono deserti, specie se fa freddo. E allora provi a mandarlo a nuoto, a danza se è femmina, a judo, in ludoteca, al tennis indoor, perchè altrimenti, doveri scolastici a parte, la sua giornata finirebbe per restare confinata tra quattro mura. Per questo forse hanno inventato la playstation e la Wii.

"Bella la pioggia papà" ma dopo 20 secondi di osservazione alla finestra e 1 minuto di salti nelle pozzanghere, si aspetta con ansia il sole.
Quando i figli crescono, molti vivono una seconda giovinezza, ma gli anni sulle spalle ci sono tutti.

Da ragazzo adoravo il freddo intenso e non capivo perchè zii e nonni se ne lamentassero tanto, quando poi ho scoperto che gli acciacchi dell’età con il freddo peggiorano, ti passa la voglia di passare un pomeriggio a -10°C in una vallata alpina senza sole e con un tasso di umidità elevato. Cervicale, nevralgie, artrosi: nasce così un parziale disincanto verso i fenomeni atmosferici.

Il temporale invece riesce ancora a sorprendere a qualsiasi età, perchè in qualche modo è rigenerante, vivo, vivace, attivo, di breve durata. Colpisce il giovane, il meno giovane, il nonno, il nipotino. Tutti ne parlano e ne restano affascinati.

Il consenso intorno alla neve non è pressochè unanime neanche da bambini. Dipende dall’educazione che hai ricevuto in casa. Un genitore infastidito dalla neve, che non ha mai giocato a pallate con mamma e papà e non è mai uscito di casa durante o dopo una fitta nevicata per evitare di prendere freddo, non potrà che trasmettere negatività alla prole rispetto a questo fenomeno atmosferico. Chi invece ha vissuto la neve con trasporto, gioia, trascorrendo magari qualche notte insonne per non perdersi magiche nevicate, la amerà per sempre. Difficilmente gli anni intaccheranno questo amore verso la bianca visitatrice.

L’età comunque porta con sè l’amarezza per gli anni trascorsi, che non potranno più tornare. Ricorderete il Banfi piagnucoloso, nel ruolo del nonno Libero, in un "medico in famiglia", è davvero la sintesi dell’età: il commuoversi spesso, il rattristarsi per tanti giorni freddi o piovosi, o di gelo, il gioire per una schiarita, fanno parte del comportamento senile, quando la luce è davvero sinonimo di ottimismo, di vitalità, il buio di depressione, mestizia, la notte addirittura di angoscia per le malattie.

Ricordo l’euforia per la luce estiva in Islanda e in Scandinavia, quelle notti passate a risistemare il giardino, lavare la macchina, mangiare un gelato tutti insieme sotto un gazebo, giovani e anziani tutti in strada a chiacchierare, senza LUCE ARTIFICIALE.

"D’estate mi sento vivo, giovane, è la luce" mi diceva un signore sulla settantina a Reykjavik.  

Autore : Alessio Grosso