00:00 2 Luglio 2009

ISOSTASIA, il “peso” delle glaciazioni

Durante le fasi glaciali colossali quantità di acqua si accumulano, allo stato solido, su vasti territori delle alte latitudini, con spessori di ghiaccio di diversi km. Il loro peso fa sprofondare intere regioni della crosta terrestre, come navi sovraccariche; ma quando la glaciazioni termina…

Il livello del mare ha subito nel passato notevoli oscillazioni, sia verso il basso, ma anche verso l’alto. Ad influire su questo fenomeno concorrono numerose cause: dalla semplice dilatazione-contrazione dell’acqua per via del suo riscaldamento-raffreddamento, alla liberazione di acqua nativa dalle profondità della terra per degassazione, durante le manifestazoni vulcaniche; non ultima l’aggiunta di acqua di origine extraterrestre a causa dell’impatto di piccoli corpi celesti che la contengono (principalmente comete e alcuni tipi di meteoriti).

Tutti questi effetti possono essere considerati trascurabili, almeno in tempo recenti, se paragonati a quelli dell’alternanza di cicli glaciali ed interglaciali, quando enormi quantità di acqua vengono intrappolate per millenni in immense calotte glaciali, durante le fasi fredde, e poi liberate nel corso delle fasi calde. Decenni di studi ed osservazioni hanno permesso di ricostruire l’esistenza di calotte glaciali continentali su gran parte del Nordamerica, Europa settentrionale, Siberia centro-occidentale e nord-orientale. Tali calotte raggiungevano spessori di 3-5 km ed un’estensione totale di oltre 30 milioni di km2, che sommati a quella Antartica e ad altri ghiacciai continentali, nel frattempo estesi ed allungati fin sulle pianure, ricoprivano 1/3 delle terre emerse.

È risaputo da tempo che durante questi periodi di massima espansione delle calotte glaciali, il livello degli oceani era di oltre 100m inferiore a quello attuale. Molte isole vennero colonizzate da uomini e animali durante queste fasi. Si poteva andare a piedi da Pescara a Spalato, ma anche attraversare la Manica, passare dalla Florida a Cuba, dall’Alaska alla Siberia e da un’isola all’altra dell’Indonesia, semplicemente perché al posto del mare c’erano sconfinate pianure.

L’ultima volta accade durante l’ultima glaciazione e tale opportunità scomparve tra 14 e 12 mila anni fa quando, con lo scioglimento delle imponenti calotte glaciali, i livello dei mari risalì progressivamente. Successivamente, in un periodo compreso tra i 6 e i 4 mila anni prima di Cristo, il livello medio degli oceani continuò a salire fin oltre i 2 metri sopra quello attuale. Impossibile quindi pensare a città come Venezia, New Orleans, Amsterdam, Calcutta e tante altre.

Durante i periodi glaciali gli immensi accumuli di ghiaccio delle calotte hanno causato un lento e progressivo sprofondamento della litosfera (crosta terrestre solida) dei territori sottostanti nel mantello terrestre (plastico e viscoso, per non dire fluido). Questo sprofondamento è osservabile oggi in Groenlandia ed Antartide, la cui crosta di superficie, nascosta sotto l’immensa cappa di ghiaccio spessa anche 3-4 km, si pone al di sotto del livello dei mari.

Una tale condizione è osservabile sempre oggi nel cuore del Canada e della Scandinavia, aree depresse fin sotto il livello dei mari in quelle che sono note come la Baia di Hudson e gran parte del Mar Baltico. Le medesime aree, insieme a tutti i territori circostanti, liberate oltre 10 mila anni fa dall’ingombrante massa di ghiaccio, si sono sollevate progressivamente proprio come imbarcazioni liberate dal carico. Tale sollevamento, inizialmente piuttosto rapido, continua ancora oggi a ritmi piuttosto elevati e compresi tra 5 e 15 mm all’anno, ovvero 1 metro e mezzo in un secolo.

Attraverso calcoli piuttosto semplici si deduce che oltre 3 milioni di km2 di fondale marino, l’equivalente dei territori suddetti più atri circostanti tuttora sommersi, si sollevano di quasi 1 cm all’anno. Il mare è costretto a ritirarsi da queste zone e ad accumularsi con il resto della massa oceanica, contribuendo al suo innalzamento, seppure di 1-2 millimetri a decennio. Tale innalzamento, così come quello avvenuto massicciamente dopo l’ultima glaciazione, viene parzialmente, ma molto più lentamente, controbilanciato da uno sprofondamento progressivo, sempre nel mantello terrestre, di quella che è la crosta oceanica, ossia il fondale degli oceani, per il surplus di carico d’acqua.

Seguendo un ragionamento un po’ più complesso, i territori circostanti queste aree a rapido sollevamento, per un effetto riequlibrante, tendono a sprofondare leggermente ad un ritmo di circa ¼ di quello delle regioni che si innalzano; ovvero 1-3 mm all’anno. È il caso di parte del nord Europa e Russia, parte dell’Alaska, sud del Canada e nordest degli USA (Vedi cartina). Anche questo fenomeno si va ad aggiungere al fittizio sollevamento dei mari, dal momento che in realtà è uno sprofondamento di terre emerse.

In conclusione il livello globale dei mari, come accade da sempre e come testimoniato dagli studi sul passato, è tuttora oggetto di oscillazioni. In particolare è in corso un debole e lentissimo sollevamento al quale contribuiscono vari fattori che, erroneamente, vengono ricondotti solo ed esclusivamente al riscaldamento globale.

Tra questi citiamo il riscaldamento e quindi espansione termica delle acque oceaniche, che di recente sta subendo una battuta di arresto ed una probabile inversione di tendenza; parziale scioglimento dei ghiacciai continentali in prossimità delle coste di Antartide e Groenlandia, a cui però corrisponde un aumento dello spessore di quelli posti nelle zone più interne; parziale scioglimento di molti ghiacciai continentali delle zone extra-polari; infine gli effetti del riaggiustamento isostatico post-glaciale, in una parola dell’isostasia.
Autore : Dott.Prof.Giuseppe Tito