00:00 27 Settembre 2010

Inondazioni e terremoti: tutti i punti deboli del Lazio

Il problema delle frane dovute a infiltrazioni, come quella di Monteverde del 1963. L'erosione riguarda il 50% delle coste: il litorale a nord di Roma finisce spesso sott’acqua. E solo 7 Comuni su 378 sono senza rischi sismici.

Nella quasi totalità dei Comuni della regione Lazio sono presenti rischi geologici. Le calamità più diffuse sono le esondazioni dei corsi d’acqua conseguenti al dissesto idrogeologico e al disordine idraulico.

Fino alla costruzione dei Muraglioni, Roma era regolarmente inondata dal Tevere; questo rischio pare oggi scongiurato ma permane quello di allagamento. L’intensa urbanizzazione ha cancellato i caratteri fisici originari del territorio su cui sorge la città: numerosi torrentelli e piccoli corsi d’acqua, che servivano a convogliare verso quelli maggiori le precipitazioni non assorbite dal terreno, sembrano scomparsi. Ma le acque si riappropriano degli spazi loro tolti e basta un forte temporale per accorgersene. Non mancano poi frane e dissesti dei versanti che minacciano molti centri abitati anche di rilevante valore storico, artistico e culturale, soprattutto nel viterbese e in provincia di Rieti. A Roma, precisamente nel quartiere di Monteverde, molti dissesti si sono manifestati nel tempo fino a culminare con la frana del 10 gennaio del 1963 che causò gravissime lesioni ai muri di sostegno, alle sedi stradali e alle reti fognanti, determinando uno stato di pericolo che portò alla chiusura al traffico per due anni di tutta la zona compresa tra le Mura Gianicolensi in alto e viale Trastevere in basso.

L’erosione dei litorali interessa il 50% della costa laziale, mettendo a repentaglio il sistema ambientale su cui poggia una parte importante dell’economia regionale. La situazione è drammatica soprattutto a Ostia e Fiumicino dopo le mareggiate che spesso cancellano la spiaggia provocano ingenti danni a insediamenti e infrastrutture. Al tempo dei Romani esisteva il problema contrario, con i porti che si insabbiavano. Ora invece il Tevere non trasporta più sedimenti alla foce e il mare avanza in maniera preoccupante. Non va dimenticato il rischio sismico: i terremoti possono potenzialmente interessare quasi tutto il territorio regionale.

A séguito della nuova classificazione delle aree a rischio sismico effettuata dal Servizio Geologico Regionale c’è stato un considerevole aumento dei comuni in zona sismica 1 (quella a più alto rischio) e dei comuni in zona 2. Su un totale di 378 Comuni solo 7 (pari all’1,8%) appartengono alla zona 4 (ex non classificati), mentre i restanti 371 si dividono in prima zona (9,5%), seconda zona (68,3%) e terza zona (20,4%), Roma compresa.
 

Un’area che recenti studi hanno riconosciuto a forte rischio è quella dei Colli Albani, non solo per quanto riguarda i terremoti che nel passato sono stati devastanti (Frascati 1899 e Nemi 1927), ma per il ringiovanimento dell’attività del vulcano (che ha differenti bocche), la cui ultima eruzione sembra risalire a 4000 anni fa. L’apparato deve essere considerato non più estinto ma quiescente e lo confermano, tra l’altro, le continue emissioni gassose che si verificano nel territorio dei comuni di Ciampino, Marino e Albano.

Autore : Francesco Leone, giornalista del Corriere della Sera e geologo