00:00 7 Novembre 2006

Il sole abbrevia il suo cammino, si inchina sull’orizzonte

Entriamo nel cuore dell'autunno, quella che negli anni passati è coincisa con i cambiamenti sostanziali del tempo.

È il periodo questo che segna, nostro malgrado, il punto di “non ritorno” verso l’inverno incipiente. Ancora alcune giornate di sole tiepido, qualche passeggiata pomeridiana nei viali alberati e, per chi può permetterselo, anche una gita in barca.

Poi dobbiamo prepararci, perché niente sarà più come prima. Un tempo si facevano feste e riti propiziatori, si accumulavano provviste e riserve, si raccoglieva tutta la legna possibile e si rinchiudeva tutto il fieno che si poteva.

Molte ricorrenze, oggi dimenticate, coincidevano proprio con questo periodo, compresa la più nota “Estate di San Martino”. Ma il calendario non perdona ed inesorabile corre verso l’Inverno.

Un tempo, un tremito di paura, percorreva non solo le bestie, gli animali domestici e la vegetazione che si preparavano alla possibilità, mai remota, di non arrivare a Primavera.

Anche gli uomini, soprattutto quelli ormai vecchi o acciaccati, ma comunque senza distinzione: dai bambini, ai taglialegna, alle lavandaie, tutti temevano l’Inverno. L’unica cosa sicura era, e lo è tuttora, che ogni anno era diverso da quello precedente, nonostante tutte le complicate pratiche divinatorie e “magiche” che cercavano di esorcizzare e tranquillizzare in attesa della Primavera.

In tempi remoti l’anno terminava con Febbraio e non Dicembre che, come dice il nome, era solo il “decimo” mese e non l’ultimo.

L’ultimo, il più corto, il più “amaro”, era proprio Febbraio! Prepariamoci anche noi dunque, noi tutti appassionati del tempo e del clima, noi che non abbiamo più paura perché sappiamo che la paura è il frutto acerbo della superstizione e dell’ignoranza.

Il mondo ha paura del clima che cambia; ma il clima ed il tempo, le stagioni e i fenomeni meteorologici non esigono tributi di paura e terrore, bensì rispetto e partecipazione. Sono parte di noi, anzi noi siamo parte di essi, come lo erano i nostri antenati che si addormentavano nel letargo del focolare e delle stalle e, ascoltando intimoriti la bufera o fremendo di gioia per quelle mattine di sole a Gennaio, aspettavano la Primavera.

Il sole abbrevia il suo cammino, giorno dopo giorno; si inchina sull’orizzonte allo strapotere dell’oscurità e della penombra. Le foglie cadono inesorabilmente, una dopo l’altra, senza che nessuno le conti e sembrano chiudere l’immaginario sipario dove, fino a poche settimane fa, andava in scena lo spettacolo della natura con tutti i suoi protagonisti: insetti, uccelli, funghi, vermi, animaletti d’ogni sorta.

Restano in pochi a ripulire il teatro da tutto quello che ancora può servire; lo accumulano per se stessi e per la prossima Primavera, quando sarà riutilizzato per riaprire le danze. Il fascino dell’Inverno che avanza non ha paragoni, come la metafora del seme che muore per rinascere, senza sapere cosa nel frattempo accadrà sulla sua testa. Così è anche per noi, l’Inverno non è ancora cominciato e non immaginiamo neppure cosa accadrà, cosa a Primavera dovremo raccontare.

La nostra pazienza ha un limite molto ristretto e meno male che le stagioni durano solo tre mesi! “Entriamo dunque nell’Inverno”; non è solo una constatazione, un mero dato di fatto, ma un imperativo categorico che, ancora una volta, ci invita a vivere la straordinaria attesa di fenomeni nuovi, tipici di una stagione varia, difficile, entusiasmante e mai uguale a se stessa.

Se proprio fa fatica uscire di casa, godiamoci una bella tazza di cioccolata calda, un gioco con gli amici, una fantastica nevicata al di là dei vetri di una finestra appannata.
Autore : Giuseppe Tito