00:00 9 Marzo 2017

Il lago ATOMICO sugli Urali: è più pericoloso di Chernobyl!

Un lago meraviglioso ma radioattivo.

In Russia, nei pressi della città di Iaksha, sui Monti Urali, sorge uno dei più bei laghi degli Urali. Acque azzurre in un clima incantevole, ma stranamente senza vita. Le rive non sono frequentate dagli uccelli e dagli animali del bosco, che hanno da tempo imparato a non abbeverarsi nella zona.

Quel fascino, inquietante, deriva anche da un livello radioattivo superiore ai 1.000 microroentgen l’ora. Considerando che la dose di radiazione mortale è prossima a 300-500 microroentgen l’ora, l’area in questione risulta molto più radioattiva, rispetto anche alle zone più contaminate intorno alla ex-centrale di Chernobyl.

Il lago (l’immagine qui a fianco è solo un esempio di come potrebbe essere perché a nessuno è consentito avvicinarsi), è il prodotto di un folle progetto degli anni settanta, ideato dal Comitato Centrale e dall’allora leader sovietico Leonid Breznev, per spostare il corso dei fiumi degli Urali verso sud a colpi di bombe atomiche. Il progetto prevedeva di risolvere l’annoso problema della siccità che colpiva molte zone del Mar Caspio, creando un canale che unisse i fiumi Peciora e Kama.

Secondo il quotidiano Komsomolskaia Pravda, quel piano fù oggetto di una direttiva tuttora coperta dal segreto militare, che ha lasciato in eredità non solo la grande discarica radioattiva del lago blu, ma anche da uno a tre ordigni nucleari inesplosi, incredibilmente dimenticati nella zona.

Forse giacciono nella foresta o sotto la superficie delle acque, dalle quali sporge una specie di isolotto che ne indicherebbe in qualche modo la presenza. Nessuno, d’altro canto, osa avventurarsi in quelle acque letali per indagare. Il 25 marzo del 1971 fu dato il via alle prime esplosioni; in seguito, l’esperimento fu bruscamente interrotto senza spiegazioni. 
 
I dieci anni successivi hanno raccontato almeno in parte il perché: la deflagrazione atomica aveva creato un enorme cratere dove si riversarono le acque, accumulando una quantità tale di cobalto e altre letali sostanze radioattive da rendere la zona inadatta alla vita animale e vegetale. Una vecchia fotografia in bianco e nero fatta da un abitante del villaggio, a meno di 30 chilometri dal sito di quelle prime esplosioni, ritrae un fungo atomico che si alza ben visibile fra le nebbie di una fredda giornata di marzo.

"Ricordo che tutti i vetri delle case vennero frantumanti dallo scoppio", racconta un anziano ex vigile del fuoco di Iaksha; "Qualche anno dopo è iniziata una valanga di decessi per cancro", aggiunge.

A indicare alla gente il pericolo, vicino al lago è rimasta soltanto una vecchia insegna di metallo arrugginito con appena visibile il simbolo radioattivo con i tre triangoli, un segno indelebile dell’ignoranza e del delirio di onnipotenza che troppo spesso hanno caratterizzato la nostra civiltà.

Autore : Report di Alessio Grosso e Luca Savorani