00:00 27 Aprile 2011

Il Giappone, l’atomo e la storia, anche nostra

Dal paese dell’estremo oriente non si leva solo il sole, ma anche l’ombra minacciosa di un’energia che da sempre, e più che mai, incute timore e smarrimento: quella dell’atomo. In futuro sarà sicuramente utile, ma per ora non facciamoci del male.

Un’immagine della nube levatasi il 12 marzo scorso da uno dei reattori della centrale di Fukushima, all’indomani del devastante sisma che ha colpito l’arcipelago. È forse cambiato il futuro del nucleare? Riflettiamo. 
Dal cuore più profondo della materia emerge dirompente l’energia più potente che la natura ha saputo incatenare: quella del nucleo atomico. Studiata fin dagli albori del XX secolo, abbiamo presto imparato a nostre spese, quanto devastante e parossistica può essere la sua manifestazione, ogni qualvolta sfugge al nostro controllo.
Un paese più di tutti si è prestato, suo malgrado, ad evidenziarne gli effetti macro- e micro-scopici: dall’immensa esplosione di una bomba atomica su luoghi abitati, alle inafferrabili ed elusive, quanto micidiali, radiazioni ad alta frequenza.
Una reazione a catena è alla base di un fenomeno poco controllabile. Imbrigliare l’atomo all’interno di un guscio è ciò che l’uomo ha subito pensato, sperato di fare, nel più breve tempo possibile. Energia a volontà, in poco spazio, sempre disponibile e controllabile, ma soprattutto “pulita”. Ecco il miraggio dell’energia nucleare, quello che ha ingannato la civiltà del XX secolo ed elargisce sogni e promesse a quella del XXI.
Un sogno che presto si è tramutato nel peggiore degli incubi; grigio come la più grigia delle città ucraine: Pripyat. All’inizio dell’era nucleare erano solo piccole fughe, qualche errore di contenimento, incidenti di facile gestione e occultamento; poi vennero le scorie e decenni di studi sul loro trattamento e la possibile estinzione. Nel frattempo le centrali sorgevano ovunque, di qua e di là del muro, nel primo, come nel terzo mondo; più necessarie e accettate di qualsiasi missile intercontinentale.
Ma un’esplosione, come quella del reattore n. 4 della centrale di Chernobyl, appena 4 anni di vita, quella non si poté nascondere, né contenere, né controllare. Un’esplosione la cui eco si ode ancora tra le mura di Chernobyl, Pripyat e decine di altri villaggi limitrofi, su un’area vasta quanto una delle nostre regioni, dove abitarci di nuovo sarà un affare di un qualche secolo futuro.
Il 26 aprile 2011 sono trascorsi 25 anni, una generazione; quanto basta nel mondo supersonico in cui viviamo per dimenticare, per riprovarci ancora. Un’umanità immatura e impreparata, come un bambino al di là del fuoco, che prova ad afferrare quel giocondo e indomabile essere: si brucia, piange, si dispera, attende e ci riprova.
E siamo già alla terza generazione plus, si direbbe la quarta; centrali sempre più sicure, ci dicono. Quella di Fukushima era coetanea del reattore di Chernobyl, la preistoria del nucleare civile. Il fatto è che le punte di freccia del paleolitico, per quanto a quel tempo micidiali, sono ormai innocue vestigia ben protette dalle teche di vetro di qualche museo. Le centrali no, i reattori nemmeno, e non ne parliamo di tutto quel materiale fissile che volgarmente definiamo scorie. Lo sanno bene a Caorso, Montalto di Castro, Trino Vercellese, Frascati, Rotondella e centinaia di altri luoghi del mistero sparsi intorno al globo; altro che Area 51!
Ma dal paese del sol levante, si leva ancora quel non sappiamo bene come definirlo, perché non si vede, non si può evitare e soprattutto non si può fermare. La gente scappa, senza riflettere, non c’è tempo; che la terra è rotonda ce ne siamo resi conto solo dopo qualche giorno. In seno alle correnti occidentali delle medie latitudini, le particelle radioattive hanno già fatto il giro del mondo e sono arrivate anche qui in Europa.
Ma dove sono? Ci rassicurano sulla loro quantità: irrisoria, poco più di quella che naturalmente esiste sulla superficie terrestre, quella che i minerali radioattivi già emettono fin dalla nascita dello stesso pianeta. Qualcuno ricorda Chernobyl, le contaminazioni, il latte, la verdura, la paura. Ma diversi non sanno, molti altri si fidano, le notizie intanto scemano, e con esse il fumo dei reattori di Fukushima; ma non le radiazioni, quelle no.
Qualcuno più prudente dice di non strumentalizzare, di non cavalcare l’onda delle emozioni, che il nucleare è l’energia del futuro. Che la tecnologia ha fatto passi da gigante. Ma i passi, anche se giganti, non sono mai abbastanza se non si sa dove si sta andando. Il Giappone, miracolo tecnologico dei temi moderni, paese all’avanguardia per le innovazioni tecnologiche, è ora in ginocchio, ha chinato la testa, proprio come quel 9 agosto del 1945. Se anche il Giappone getta la spugna, di chi possiamo fidarci?
Ma un terremoto di magnitudo 9 non è cosa di tutti i luoghi, in Europa no, in Italia poi… Eppure la magnitudo ricalcolata per l’area di Fukushima parla di 7, e di questi terremoti in Italia, e in molte zone d’Europa, ce ne sono stati diversi nell’ultimo secolo. Ma i danni peggiori li ha arrecati lo tsunami; si però in Italia abbiamo frane ed alluvioni spesso disastrose e di vasto impatto. E poi ci sono le scorie, i depositi che non saranno mai unici e lo stile tutto italiano della corruzione, della clandestinità e dell’abusivismo, dei traffici illeciti e degli insabbiamenti; di chi possiamo fidarci?
E qualcuno ha pensato ai posteri, nemmeno poi tanto lontani? Perché acciaio, cemento, plastiche speciali, e tutto ciò che crescerà intorno ai reattori, anche di nuovissima generazione, non sono eterni, anzi sono a scadenza certa…  Che genitori siamo, se ci indebitiamo così pesantemente per poterci godere gli ultimi scampoli di questo pianeta ormai stuprato e lasciare il conto da pagare sulla vita dei nostri figli, nipoti e chissà quante generazioni ancora.
In queste settimane si fa la storia, non quella dei libri o del passato, ma quella del futuro, perciò noi abitanti dell’Italia, paese dalle immense risorse, anche energetiche, fermiamoci a riflettere. Germania, Regno Unito e altri ancora avevano il carbone, e su quello hanno costruito la loro ricchezza; noi siamo un paese di sole, vento, acqua, vulcani e fumarole, altezze e profondità, bellezze artistiche e naturali, inventiva e genialità; uniamo le nostre forze ed evitiamo la lasciva prostituzione all’energia facile, energia a tutti costi, tanto poi si vedrà!
Non fermiamo però la ricerca, perché un giorno quell’immensa energia che tiene unita l’intima struttura della materia, potrà tornarci molto utile. Si parla già di centrali al torio, un elemento chimico anch’esso radioattivo,ma con scorie ridotte e meno durature e una resa maggiore; inoltre ce n’è in maggiore abbondanza e non è non si può utilizzare nell’industria bellica.
E poi c’è la ricerca sulla fusione nucleare a freddo, quella che avviene nel ventre caldo delle stelle, compreso il nostro sole, ma dove le temperature richieste sono di milioni di gradi. Quella sarebbe energia infinita, pulita e per tutti gli usi. Coraggio allora!
Energia nucleare: sappiamo com’è, ma non sappiamo domarla. Ora sarebbe come entrare nella gabbia dei leoni senza frusta, né esperienza…  per favore non facciamoci del male!
 

Autore : Giuseppe Tito