00:00 18 Settembre 2007

Il clima è in discreta salute, siamo noi incapaci di gestire e rispettare il territorio; di colpe ne abbiamo tante anche come privati cittadini

Negli ultimi anni abbiamo riportato su MeteoLive decine e decine di dati per darvi un quadro esaustivo della situazione relativo al cambio climatico.

Il bombardamento mediatico ha radicato in noi la convinzione che il clima sia malato, agonizzante, una patologia che si paleserebbe quasi ogni giorno, appena si scatena un acquazzone un po’ più intenso del normale o un anticiclone prende possesso della Penisola per due o tre settimane di fila senza far cadere una goccia d’acqua.

Tutto ciò che si svolge sopra le nostre teste insomma dovrebbe rappresentare la manifestazione evidente di un malessere profondo che scatena reazioni incontrollate. In realtà si approfitta della scarsa preparazione scientifica del popolo italiano (ma anche di taluni giornalisti) per cavalcare l’idea che le attività antropiche siano in grado da sole di manovrare la complessa, caotica macchina climatica, che da sempre ha alternato fasi estremamente fredde, le glaciazioni, a fasi più miti, definite interglaciali, anche e soprattutto quando ancora l’uomo non aveva fatto la sua comparsa sulla Terra.

Il clima dunque è in continuo, costante mutamento e su questo punto non vi sono obiezioni. Da poco più di 150 anni siamo usciti dalla famosa piccola età glaciale (PEG) che ha separato due periodi estremamente miti: quello attuale e quello definito optimum climatico medioevale, tra il 700 ed il 1300m. E’ questo tra l’altro il periodo in cui Erik il Rosso raggiunse la Terra Verde, la Groenlandia. Come forse solo pochi di voi sanno le glaciazioni si ripetono a cicli di circa 100.000 anni e di pari passo con il freddo, in modo direttamente proporzionale diminuiscono anche le concentrazioni dei gas serra.

Finita la glaciazione anche i livelli dei gas risalgono, di tutti i gas, soprattutto del metano, fino a quel momento sepolto sotto la tundra ghiacciata delle piattaforme continentali. Il metano è un gas serra fino a trenta volte più potente dell’anidride nell’intercettare il calore ma con concentrazioni molto più basse.

Il gas serra più efficace in assoluto però resta il vapore acqueo, 500 miliardi di tonnellate d’acqua che ci avvolgono in un ciclo di condensazione ed evaporazione che consente a tutta la macchina climatica di funzionare in quasi totale autonomia e in fin dei conti di autobilanciarsi attraverso un meccanismo di retroazione (meglio noto come feedback).

E’ dunque la temperatura ad influenzare la concentrazione dei gas serra e non il contrario. In altre parole mentre i “tecnici” dell’IPCC ignorano totalmente questo aspetto, continuando a prevedere ostinatamente aumenti sconsiderati ed incessanti della temperatura del pianeta, centinaia di scienziati concordano sul fatto che proprio lo scioglimento dei ghiacci artici potrebbe essere il segnale di una inversione di tendenza.

Considerate oltretutto che è bastato un piccolo inceppamento della Corrente del Golfo negli anni 60 con la formazione di “laghi” d’acqua dolce nell’oceano per far diminuire la temperatura per quindici anni in Europa, e una sola eruzione vulcanica è riuscita nel 91 a farci perdere in pochi mesi 0.2°C, ed è stato provato che è sufficiente una diminuzione anche minima dell’intensità della radiazione solare per riscontrare evidenti ritorni di freddo.

Inoltre non si dice che gran parte del riscaldamento globale osservato in questi ultimi anni potrebbe essere ascritto quasi totalmente all’urbanizzazione, a stazioni di rilevamento trovatesi improvvisamente immerse in giungle d’asfalto; non si dice inoltre che i satelliti che registrano la temperatura dell’aria senza essere influenzata dagli ambienti “urbani” non mostrano alcun importante aumento termico.

Negli ultimi 30 anni indubbiamente il clima del nostro Paese e di molte zone del Pianeta si è orientato verso condizioni più calde, i ghiacciai della Terra in meno di un secolo si sono ridotti di oltre il 40% ma tutto questo quasi sicuramente fa parte di un ciclo climatico naturale in cui stanno recitando un ruolo di primo piano le correnti e le temperature oceaniche, in grado di influenzare il posizionamento degli anticicloni e dei centri di bassa pressione.

L’Italia, trovandosi in una zona di transizione tra fasce climatiche totalmente opposte, finisce per risultare molto vulnerabile a questi cambiamenti, ma non per questo sull’orlo di una desertificazione o di un impaludamento dell’Adriatico.

Incredibilmente invece si continua a terrorizzare l’opinione pubblica disegnando scenari apocalittici. E’ appena il caso di ricordare che i costi del famoso Protocollo sono di 150 miliardi di dollari all’anno: con metà di quella cifra potremmo garantire acqua potabile, assistenza sanitaria e istruzione a milioni di persone.

Certamente è importante limitare le attività inquinanti, ma esclusivamente per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita delle popolazioni piuttosto che per “guarire” il clima. I ruoli non si sono invertiti, ricordiamocelo bene, è ancora la natura a dominarci.

Investiamo nelle energie alternative si dice, ma intanto nessuno accetta i rigassificatori, i piloni per l’energia eolica, i termovalorizzatori, mentre il solare non decolla e si fa di tutto pur di rimandare la scelta obbligata del ritorno al nucleare perché poi nessuno vorrebbe in eredità un cimitero di scorie.

E’ strana questa Italia che per decenni, ha visto con gioia sorgere ciminiere, palazzoni di cemento, autostrade, cavalcavia e che ora, di fronte al rischio di dipendere dal resto d’Europa, si scopre ambientalista a parole, ma non nei fatti. Nessuno vuole rinunciare al benessere che ha ottenuto, ai condizionatori, ai fuoristrada, ed impreca (giustamente) contro chi vorrebbe fargli cambiare auto passando dall’euro 4, magari appena acquistato, all’imminente Euro 5 in nome di un ambiente pulito, che sa invece tanto di business alternativo a quello petrolifero.

La qualità dell’aria delle nostre città rispetto a 30 anni fa è migliorata, (forse nessuno ve l’ha mai detto) ed è diminuita la concentrazione di zolfo che faceva da collante per la nebbia, che si è ridotta del 50%, ma nemmeno questa è una buona notizia per il Ministro dell’Ambiente.

Sarà bene rammentargli che se in epoca storica non fosse aumentata la temperatura, non si sarebbe sviluppata nessuna delle grandi civiltà umane. Solo quando l’isoterma dei 21°C si spostò a Nord, nacquero le civilizzazioni di Persepoli, Babilonia, Egitto e poi quelle dei fenici, dei greci, dei romani.

Sono ben altre le emergenze per un Ministero dell’Ambiente: prima fra tutte la tutela del patrimonio boschivo, la revisione degli acquedotti, costantemente sabotati per alimentare il business dell’acqua distribuita con le autobotti, l’emergenza rifiuti, in cui si lascia che un’intera città e molti comuni limitrofi vengano sommersi dall’immondizia per non andare ad intaccare i privilegi mafiosi acquisiti dalle discariche esistenti, lì non l’abbiamo vista signor Ministro organizzare alcuna conferenza in merito; ci si opponga fermamente alla distruzione delle località di villeggiatura strangolante nel cemento, in cui alberghi caserma nascono impunemente in riva al mare nonostante precise leggi regionali ne vietino l’edificazione.

Quando una mareggiata si inghiottirà un pezzo di costa, come è possibile che accada, allora si griderà ancora una volta alla natura assassina, indicando queste benedette emissioni di gas serra quali uniche responsabile della sua furia vendicativa. Così costoro avranno la coscienza a posto. Che tristezza!
Autore : Alessio Grosso