00:00 7 Febbraio 2008

Il clima di Bolzano: terza puntata

La presenza di un agglomerato urbano non influisce solamente sulla temperatura; la sua topografia provoca modificazioni anche notevoli alla velocità ed alla direzione del vento, nonché alla turbolenza del flusso dell’aria che scorre sopra la città, rendendo talora più agevole la diluizione degli inquinanti nell’atmosfera, ostacolandola in altre occasioni

Le modificazioni imposte dall’ostacolo creato dagli edifici e dai lunghi viali in cui la corrente d’aria viene costretta a scorrere sono tali che, in certi casi, è impossibile determinare il reale valore dell’intensità e l’effettiva direzione che ha il vento in aperta campagna. Nelle piazze confluiscono correnti da varie parti e dal contrasto vengono generati vortici e mulinelli capaci di aspirare aria dagli strati immediatamente superiori, convogliando verso il basso fumi ed altri scarichi gassosi. Nei lunghi viali l’aria viene forzatamente incanalata e la sua velocità aumentata sulla base di una precisa legge fisica dei fluidi; in zone riparate l’intensità viene fortemente ridotta; in altre la direzione del vento può risultare addirittura contraria a quella reale.

Smog e foschie conseguenti alle attività industriali possono ritardare il riscaldamento del suolo, per esempio durante le mattinate invernali, quando sulla città perdura la caratteristica “cappa” che filtra, indebolendoli, i primi raggi solari, limitando inoltre il passaggio dei raggi ultravioletti sfuggiti allo strato di ozono, aventi un efficace potere battericida.

In queste situazioni, sulla città giunge circa il 20% della radiazione solare in meno rispetto alla campagna circostante, anche se va notato come spesso l’area interessata dallo smog appaia molto più vasta dell’agglomerato urbano.
E’ da supporre quindi che solo le zone poste oltre una certa quota (6-700 metri) o molto lontane dai grandi centri abitati siano al riparo dal fenomeno dell’inversione termica. Questo tra l’altro ci permette di osservare che non tutti i fattori indotti dall’uomo concorrono al riscaldamento dell’atmosfera; si tratta di verificare quali a lungo termine prevarranno.

Per quanto riguarda le precipitazioni, la media annua si attesta intorno ai 700 mm (ciò significa che, annualmente cadono 700 litri di acqua per m2), un valore che in assoluto non è certo elevato (la media generale dell’intero territorio italiano è di circa 970 mm), e che si trova non a caso ad essere intermedio tra quello di località poste ai piedi delle Prealpi e quello di stazioni di rilevamento più a Nord verso il confine.

Anche per quanto riguarda la distribuzione e la quantità delle precipitazioni la catena alpina gioca infatti un ruolo determinante: le perturbazioni atlantiche, apportatrici di buona parte delle precipitazioni che interessano tutta l’Europa Occidentale, attraversano la penisola sospinte da correnti dirette da Sud-Ovest verso Nord-Est arricchendosi di umidità nel loro scorrere su di un mare caldo ed umido come è il Mediterraneo; le masse d’aria umida incontrano sul loro cammino il versante meridionale alpino e sono costrette a risalirlo e quindi a subire un raffreddamento per l’aumento di altitudine. In tal modo esse perdono gradatamente la loro umidità per condensazione in pioggia, giungendo meno cariche sulla provincia di Bolzano. Risulta quindi evidente che le località poste a ridosso delle Prealpi sono quelle che ricevono la maggior parte dell’umidità di origine atlantica, mentre procedendo verso nord si registra una graduale diminuzione, eccezion fatta per i fianchi meridionali di alcuni massicci molto elevati, per esempio quello dell’Ortles-Cevedale, in grado di “raccogliere” buona parte delle precipitazioni residue. Si consideri a dimostrazione di ciò la quantità annua di pioggia che cade su località del Trentino meridionale come la Valle del Cismon ed il Bacino del Chiese (circa 1500 mm), quindi, spostandosi verso nord quella sui bacini del Sarca e del Noce (1000 mm), per giungere, passando per Rovereto e Trento (800-900 mm) fino in Val Venosta, dove in taluni casi non raggiunge nemmeno i 500 mm (Silandro ha una media d 475 millimetri annui di pioggia, più o meno la quantità di precipitazioni che cade su di una città come Palermo!). Se l’apporto delle correnti umide sudoccidentali sull’area di Bolzano viene contenuto dai contrafforti delle Prealpi venete e lombarde, quello delle perturbazioni fredde provenienti dal Mare del Nord è ancor più limitato dalle alte vette disposte lungo il confine con la regione tedesca. E’ relativamente raro infatti che si verifichino precipitazioni di una certa consistenza su Bolzano quando le correnti umide seguono una traiettoria nord-sud. La maggior parte dell’umidità viene lasciata sulle Prealpi bavaresi e sulle Alpi austriache, e per quanto riguarda il versante meridionale solo sulle cime della Val Venosta, della Valle Aurina e della Val Passiria le precipitazioni sono relativamente abbondanti.

Osservando una cartina delle precipitazioni sul territorio provinciale è facile individuare, oltre alla proporzionalità tra quantità di pioggia ed altitudine, quanto finora esposto. Sui versanti settentrionali della cresta di confine si registrano valori molto elevati, in alcuni casi fino a 2000 millimetri annui. Altre zone con abbondante piovosità (fino a 1500 mm) sono i versanti esposti a mezzogiorno del gruppo dell’Ortles-Cevedale, e, grazie al particolare orientamento nord-sud anche la Val Passiria (oltre 1000 mm annui a San Martino in Passiria). Spiccano invece zone a piovosità ridotta quali la media Val Venosta ed in subordine la prima parte della Val d’Isarco e la Bassa Atesina. Si presentano dunque due situazioni speculari, con lo spartiacque alpino a fare da linea di demarcazione: ad Innsbruck le precipitazioni non sono infatti più abbondanti che a Bolzano, e per trovare valori più elevati bisogna spostarsi verso nord. Inserita com’è nel cuore delle Alpi, la città altoatesina si trova dunque in una posizione estremamente riparata, e non deve quindi stupire il grande numero di ore di sole di cui può beneficiare, fattore questo che concorre in modo determinante alla mitezza del suo clima. Proprio grazie all’abbondante insolazione alcuni tipi di coltura si spingono due-trecento metri più in alto rispetto al vicino Trentino.
La quantità di precipitazioni non è uniformemente distribuita nel corso dell’anno. Il riscaldamento solare nel periodo estivo determina la costruzione di fronti nuvolosi di carattere locale, costituiti da nubi temporalesche che scaricano grandi quantità d’acqua in breve tempo. Di conseguenza giugno, luglio ed agosto risultano essere sia per la città che per il resto della catena alpina i mesi più piovosi con circa 80-90 mm di pioggia ognuno, poco meno di quanti ne cadono complessivamente durante il trimestre più freddo, da dicembre a febbraio, che risulta essere il periodo più secco. Picchi minori vengono registrati nel mese di novembre e nel periodo primaverile, entrambi caratterizzati dalle irruzioni di perturbazioni guidate dalla depressione atlantica a nord dell’Islanda. E’ comunque nel trimestre più caldo che la città e buona parte della regione alpina riceve un importante contributo in acqua piovana, caratteristica tipica di un regime stagionale delle piogge di tipo continentale. Tutta l’area mediterranea presenta invece un andamento decisamente più legato all’ingresso di aria umida atlantica caratteristico del periodo freddo.

I venti prevalenti nella conca bolzanina seguono l’orientamento delle valli principali; sono quindi frequenti le correnti da sud-sudovest (risalenti la valle dell’Adige) e quelli dai quadranti nordorientali (Val Sarentina e soprattutto Valle Isarco). Le prime, sotto forma di moderate brezze, si osservano prevalentemente nel semestre estivo durante le ore pomeridiane, le seconde soffiano con una certa intensità soprattutto nei primi mesi dell’anno, quando l’alta pressione semipermanente delle pianure russe convoglia correnti di origine artica fin sulle regioni meridionali italiane.

Si nota una prevalenza delle correnti nordorientali nel semestre freddo. Esse perdurano anche per più giorni e vengono spesso rinforzate nel periodo primaverile dal fenomeno della brezza di monte quando la massa di aria fredda che scende dalle cime ancora innevate della Val Sarentino e della Valle Isarco viene richiamata verso la pianura dalle turbolenze ivi formatesi a causa del riscaldamento solare.

Durante la stagione calda sono frequenti i venti sudoccidentali, nella stragrande maggioranza dei casi sotto forma di brezza pomeridiana (di natura analoga alla famosa “Ora” del Garda), che ha durata quindi limitata alle ore più calde del giorno. I venti del quadrante settentrionale sono ancora presenti, ma si manifestano quasi esclusivamente con brevi raffiche di velocità anche considerevole durante i frequenti temporali. In sintesi, la primavera, per sua natura periodo di contrasti termici, risulta essere il periodo più ventoso dell’anno; in autunno predominano per lunghi periodi deboli correnti occidentali, mentre d’estate le brezze sono un fenomeno quotidiano.
Autore : Marco Bonatti