00:00 9 Gennaio 2006

Il business dello sci danneggia l’ambiente alpino?

Facciamo il punto della situazione sulle Alpi.

Sono oltre 10.000 gli impianti di risalita lungo le Alpi, di cui numerosi abbandonati a quote inferiori ai 1000 m, causa lo scarso innevamento degli ultimi 15 anni.

La portata oraria degli impianti di nuova generazione ha dell’incredibile: circa 8 milioni di passeggeri l’ora, quasi il doppio delle persone che si potrebbero ospitare nelle strutture alberghiere delle maggiori stazioni turistiche.

Austriaci e francesi guidano la speciale classifica degli impianti con oltre 3000 congegni di risalita tra skilift, seggiovie, ovovie, divanovie e seggiovie.

Italiani e svizzeri hanno un numero d’impianti quasi dimezzato rispetto ai cugini. Se ne contano infatti circa 1500.
Ancora meno impianti di risalita si trovano in Baviera e Slovenia.
La densità massima degli impianti si ritrova in Francia.

Si ritiene sia stato raggiunto il livello massimo e che difficilmente potranno essere costruiti nuovi impianti.
In Austria oltretutto è stato imposto un veto governativo in tal senso.
Si è così deciso di potenziare quelli già esistenti, magari sostituendo i vecchi skilift, che rischiavano di non essere mai utilizzati per carenza di neve al suolo con impianti sospesi, per portare gli sciatori sulle piste a quote superiori, costantemente innevate anche artificialmente.

E qui si apre il discorso dell’innevamento artificiale. Dall’inizio degli anni novanta ad oggi il numero dei cannoni per sparare la neve sulle piste è più raddoppiato. Del resto le società che gestiscono gli impianti devono investire grossi capitali e non possono più permettersi di sottostare alle leggi meteorologiche.

L’uso di additivi chimici negli impianti spara-neve potrebbe avere un impatto ambientale tragico.
Non si conoscono però ancora i dati effettivi relativi all’inquinamento del territorio.
L’uso dell’additivo contribuisce a produrre più neve e a preservarla maggiormente dall’azione della radiazione solare e delle alte temperature.

Passeggiare d’estate sulle piste e sotto gli impianti parzialmente smontati è spesso sgradevole. Si nota che il terreno ha sofferto e alzando gli occhi al cielo ci si chiede se quella tecnologia fosse proprio indispensabile. Moltissimi ritengono sia stata la salvezza della montagna che altrimenti si sarebbe completamente spopolata ed impoverita, altri credono sia venuta l’ora di un turismo alternativo che valorizzi il territorio per quello che di meraviglioso, selvaggio e dunque naturale sa offrire.

Le attività sportive alternative in montagna d’inverno sono aumentate: (percorsi in motoslitta, randonnée alla scoperta della natura selvaggia) ma è impensabile che queste riescano a sostituire le attività sciistiche.

Occorre però evitare di sacrificare boschi o biotopi in nome del business. Il danno arrecato alla bella foresta di Bormio al fine di completare la famosa pista Stelvio per i giochi olimpici del 1985 è ancora una ferita aperta, così come lo sono lo scempio del mega-ponte di Santa Caterina Valurva e le colate di cemento per parcheggi ed impianti messi a disposizione per Torino 2006.
Autore : Alessio Grosso