00:00 19 Maggio 2010

I grandi RECORD della meteorologia: quali sono i parametri per definirli?

Dal sensazionalismo giornalistico del "record" inflazionato, alla minuziosa elencazione dei tipi di record. L'esempio clamoroso dell'estate 2003.

Freddo record, caldo record, neve record, pioggia record… Quante volte, sfogliando un quotidiano o prestando orecchio ad un servizio televisivo, abbiamo visto e sentito commenti conditi da tali appellativi?

Sicuramente un’enormità. In realtà, ciò accade non perché si viva in un momento climatico particolarmente suscettibile a grandi sbalzi termici e favorevole a fenomeni di notevole rilevanza (tali appunto da giustificare record su record, di stagione in stagione), quanto per il puro e semplice fatto che oggi si fa del sensazionalismo inflazionato, l’ingrediente principe del proprio modo di far notizia. Questo è il modo peggiore di fare giornalismo e informazione.

Lo diciamo da anni e non ci stancheremo mai di dirlo. Ma allora – vien da chiedersi – cosa sono effettivamente il “caldo-record”, il “freddo-record”, la “neve-record”, eccetera…? Ebbene, la parola “record” è spesso usata – non di rado a sproposito –in meteorologia. Un qualsiasi valore (termico, pluviometrico, pressorio, etc) si dice record quando, in un arco di tempo più o meno lungo (un mese, una stagione, un anno, un decennio, un secolo, e così via) viene registrato come il più alto (record positivo) o come il più basso (record negativo) della gamma di cui si dispone. Il record è tale, insomma, nel momento in cui non viene superato (in positivo o in negativo) da un altro valore nello stesso arco di tempo preso in esame.

La traduzione della parola, di origine inglese, conforta questo tipo di intepretazione di ambito meteorologico. “Record”, termine entrato di diritto nel vocabolario italiano, significa infatti “primato” (meglio sarebbe: “registrazione”, sottointendendo “di un primato”). Ma spesso in tivù si sente parlare di “freddo record” senza alcun termine di paragone. Freddo, tanto freddo, freddo quanto si voglia…

Ok!, ma allora record in che senso? Non di rado si condisce tale locuzione con l’elencazione di valori di per sé eclatanti, che magari per una località montana del Cadore sono più che normali, senza poi far riferimento alla media di quel periodo o ai records precedenti. Insomma, il record tanto invocato, spesso e volentieri proprio non c’è! Una corretta informazione, citando la parola record, dovrebbe far riferimento ad un valore riportato ad un lasso di tempo delineato, alla media di quel periodo e al valore-record precedente superato dal nuovo. Questo sarebbe un ottimo modo di fare del giornalismo meteorologico. Invece, nella maggior parte dei casi, tutto ciò non accade.

Oggi il termine “record” sembra diventato un suffisso aggettivato che si pospone a parole tipo “freddo”, “caldo”, “neve”, per esaltarne la carica sensazionalistica, a mo’ di superlativo assoluto, corretto quanto si voglia nella lingua italiana, ma non in meteorologia!

La parola “record”, in meteorologia, ha il suo specifico significato. Stabilito a priori che il record si basa su di un lasso di tempo determinato, esso può riguardare gli ambiti più disparati, e può essere relazionato all’intensità di un evento, alla durata, o anche all’inquadramento geografico dello stesso. Facciamo degli esempi.

Un’ondata di caldo in estate può essere “record” per diversi motivi, il primo tra i quali (il più facilmente intuibile) la registrazione di una temperatura superiore alle tante registrate nei giorni o negli anni precedenti. Ma può non essere così. Infatti il record può non riguardare l’intensità (cioè il picco di un singolo giorno), ma riguardare la durata (cioè la media di un periodo più o meno lungo). Quindi l’ondata di caldo può essere record anche se non stabilisce un valore assoluto più alto dei precedenti. Infatti, è sufficiente che un caldo leggermente più intenso della norma perduri per circa quindici giorni ed ecco che la media di quel periodo ha assunto di per sé una connotazione record, distinguendosi nel suo ambito come la più alta media di quello stesso periodo negli altri anni.

C’è poi anche una terza possibilità: l’inquadramento geografico. Il record può venire, infatti, anche da questo fattore. Se la medesima ondata di caldo non porta ad un valore di per sé più alto di altri (né nell’intensità, né nella durata), il record può arrivare dall’estensione dell’ondata di caldo in questione. Se infatti l’insieme dei valori di un’area geografica più o meno vasta risulta più elevato della media di quel periodo in quella stessa area, si parla di caldo-record per l’estensione geografica che quel tipo di anomalia termica ha assunto.

A proposito di caldo-record, chiudiamo con un esempio esemplificativo in tutti i sensi. Quella appena trascorsa (anno 2003), è stata chiamata per l’appunto “l’estate dei record”, proprio perché su un’area geografica molto vasta (dal Portogallo all’Est Europeo passando per la Francia, l’Inghilterra e per il nostro Nord-Ovest) si sono succeduti record su record per un periodo incredibilmente lungo.

Dunque, per intensità, persistenza ed estensione geografica, quella del 2003 ha meritato l’appellativo di “estate dei record”. Qualcuno l’ha chiamata addirittura “l’estate perfetta”…

Autore : Emanuele Latini