00:00 27 Luglio 2006

GUERRA ed AMBIENTE: quello che non vi hanno mai detto

L'articolo è stato riportato sulla rivista scientifica SILVAE del Corpo Forestale dello Stato. Ve ne proponiamo uno stralcio per capire come le guerre non finiscano neanche con i trattati di pace.

Le guerre non finiscono neanche con i trattati di pace.

Le conseguenze dei conflitti sull’ambiente possono essere diretti, come quelle provocate dalla distruzione degli ecosistemi da parte degli eserciti, oppure indirette, provocate cioè dallo spostamento di enormi masse di rifugiati con conseguente deforestazione, distruzione degli habitat, inquinamento delle acque e del suolo.

Ma c’è anche la cosiddetta eredità delle guerre, quelle che rimane lì per centinaia di anni, a marcire.

Per anni nel Baltico e in altri mari sono state gettate armi chimiche senza alcuna misura di sicurezza con grave rischio per l’uomo e per l’ambiente.

Nel 1990 nello stretto di Skagerrar vennero rinvenute nove navi caricate con armi chimiche (con sostanze come iprite, tabun, soman, bombe al fosforo): in queste acque si è verificata una forte moria di pesci e stelle marine.

La lista delle discariche sottomarine include tratti di mare danese, fondali atlantici nei pressi delle Ebridi, della costa canadese orientale. Il solo Mar Baltico risulterebbe inquinato da 3 milioni di tonnellate di agenti tossici.

Pensiamo a cosa è accaduto nel Vietnam: uso di erbicidi, defolianti (i famosi agente arancio, bianco, rosso, blu). Alla fine del conflitto risultarono cancellati circa 325.000 ettari di terra.

Nel lungo conflitto tra Iran e Irak, passato ai più inosservato negli anni 80, la riduzione delle palme da dattero fu drammatica.

Nella prima guerra del Golfo del 1991 oltre 700 milioni di litri di petrolio si sono riversati nel Golfo Persico, 300km di costa di Kuwait ed Arabia Saudita furono coperti di greggio, almeno 20.000 volatili persero la vita.

Gli iracheni sabotarono circa 600 pozzi di petrolio rilasciando in atmosfera mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica.

Ma i conflitti più studiati sono quelle che hanno decretato negli anni 90 la fine della Jugoslavia: la SERBIA risulta la regione più colpita. L’inquinamento del DANUBIO è stata fonte di preoccupazione.

Il pensiero corre subito all’URANIO IMPOVERITO: in verità il tasso di radioattività misurato dalla commissione UNEP risultò modesto, nonostante le gravi malattie che colpirono alcuni nostri soldati che parteciparono alle missioni internazionali di pace. Qualcuno parlò di strumentalizzazione mediatica.

E’ forse giunto il momento -si chiede Santangelo concludendo il suo pezzo -di riprendere in considerazione il bilancio costi-benefici degli attacchi agli insediamenti industriali che come risultato portano senza dubbio all’inquinamento di aria ed acqua. Oltretutto il degrado ambientale provocato dalla guerra ci spinge ancora di più a cercare tutte le vie diplomatiche possibili per una alternativa pacifica al conflitto.
Autore : Estratto dall’articolo di Salvatore Santangelo