00:00 19 Agosto 2003

Dossier Siccità – In Valle d’Aosta è DISASTRO AMBIENTALE: il caso del Bianco

Nei versanti esposti a sud i nevai si sono fusi anche sopra i 4000 metri. Come non era mai successo a memoria d’uomo, le pareti rocciose delle vette più alte sono spoglie dei bianchi ricami: ovunque rimane il solo residuo ghiacciato, in lenta straziante agonia. E i torrenti sono lo specchio di una situazione oramai arrivata all'eccesso.

Se entri in Valle d’Aosta, in questo periodo, t’accorgi subito che qualcosa non va: la Dora non è ricolma di acque come invece dovrebbe essere di solito, il Lys è solo l’ombra di se stesso, mentre altri corsi d’acqua sono ridotti a poco più d’un semplice rigagnolo. Altri sopravvivono a stento, come è il caso dell’Ayasse, a Champorcher.

I versanti dell’Adret, poi, quelli per intenderci esposti al sole di mezzogiorno, sono tutti interamente bruciati. L’erba è secca da cinquanta giorni e più, e al giallo della siccità si sta gradualmente sostituendo una dominante cromatica molto più scura e tetra, quasi marrone… Così succede che a Torgnon, come pure a St Barthélemy e senza l’eccezione di Champoluc, sembri di stare nelle steppe del Kazahistan.

Nel proseguire il viaggio t’accorgi poi che i nevai sono del tutto scomparsi sotto i tremila metri anche nei versanti esposti a nord, mentre i ghiacciai fanno una gran fatica a resistere sotto i 3500 m.

La Cascata di Lenteney, poco sopra Avise, non è mai stata così avara di acque, mentre al cospetto di Sua Maestà il Monte Bianco verifichi stupefatto l’effettiva gravità della calamità in corso…

Guardi oltre il ciglio della strada: la Dora di Ferret è ricolma di acque, quasi voglia straripare da un momento all’altro… E’ un torrente in controtendenza, rispetto alla gran parte dei corsi d’acqua valdostani che soffrono palesemente la siccità. Ma anche il “collega” della Val Veny mostra le medesime salutari condizioni, sciorinando una piena invidiabile. Pochi chilometri più a sud, invece, solo torrenti in secca: perché? Cerchi una risposta e lì per lì non la trovi… Poi ci pensi su: alzi lo sguardo e vedi che il limite dei ghiacciai è molto più in alto di quanto tu non lo possa ricordare. Ecco allora la risposta: il gran caldo fonde enormi quantitativi di ghiaccio, e le acque che ne derivano gonfiano i torrenti ai piedi del versante sud-est del Bianco.

Quasi non ci sono parole per descrivere il pietoso stato dei ghiacciai della vetta numero uno d’Europa: la massa bianca arretra visibilmente di settimana in settimana; punte di 32°C sui 1250 metri di Courmayeur fanno riflettere, così come pure i 18°C registrati contemporaneamente sui 3000 metri del Passo dei Salati, nel gruppo del Monte Rosa, dove di certo la situazione non è molto diversa.

La nuda roccia compare anche sui 4200 metri delle Grandes Jorasses e sui 4100 del Maudit…! Non ci sono più parole… Enormi blocchi di ghiaccio sembrano voler venir giù da un momento all’altro. Il ghiacciaio della Brenva è lo specchio di questa catastrofe: una volta scendeva fin sotto i 1500 metri di Purtud: adesso il corpo principale sembra confinato oltre i 2500 metri di quota, o forse più.

Funghi? Nemmeno a parlarne: non piove in maniera significativa da troppi mesi ormai, ma la cosa più grave è la costante latitanza di incursioni di aria umida e relativamente fredda dal Nord-Atlantico in grado di apportare nevicate sopra i 3000 metri di altitudine. Cosa che invece era sempre successa nelle stagioni passate.

La Vallée, così come mille altre regioni alpine, sta poi soffrendo le tristi conseguenze di un inverno assai avaro di neve, e con i danni di quello ancora precedente (ancor più secco) temporaneamente limitati solo dai freschi capricci della scorsa estate.

Adesso siamo alla resa dei conti. La catastrofe ecologica è praticamente compiuta. Ora si tratta di vedere se si è trattato di un “incidente di percorso”, di una stagione anomala, insomma di un caso isolato, oppure se effettivamente può dirsi iniziato un nuovo trend climatico per l’Europa centro-occidentale. Un ruolo assolutamente importante rivestiranno il prossimo autunno e ancor più il prossimo inverno. La speranza è l’ultima a morire, ma certo è che tutte le chances di una inversione di tendenza sono riposte nel tempo che farà nei prossimi, imminenti, mesi. E nella neve che verrà.
Autore : Emanuele Latini