00:00 15 Novembre 2006

DOSSIER Corrente del Golfo, parte 4^: cosa potrebbe succederle? Ecco quello che dovete assolutamente sapere!

Stato di salute della corrente e dinamica di blocco.

Un rapporto del Pentagono completato alla fine del 2003 e commissionato da Andrew Marshall, un guru della pianificazione strategica, e destinato al Presidente americano G.W. Bush, è stato “intercettato” dalla rivista «Fortune» che, poi, l’ha diffuso alla stampa internazionale tramite il prestigioso quotidiano britannico «The Observer».

Il rapporto, ormai non più segreto, disegnerebbe uno scenario allarmante con questo ammonimento: “i cambiamenti climatici nei prossimi vent’anni rischiano di provocare una catastrofe globale con perdite di milioni di vite umane in guerre e disastri naturali nei prossimi due decenni. L’effetto serra è peggio di Al Qaida”.
Testualmente si annuncia che: «rivolte e conflitti diventeranno parte endemica della società: la guerra tornerà a definire i parametri della vita umana».

Va detto che di studi e di rapporti, come quello appena pubblicato, la Casa Bianca ne commissiona continuamente, al fine di non farsi trovare impreparata in caso di eventuali catastrofi che possano coinvolgere la nazione, per poi tentare, se possibile, di prevenirle o di prevederle per tempo.

Esistono rapporti e piani di emergenza anche in caso di impatti di asteroidi e di altre situazioni potenzialmente pericolose anche se improbabili.

La cosa che ha stupito, piuttosto, è che il risultato di questa ricerca sia stato tenuto segreto per almeno 3 mesi, forse perché troppo scomodo per la politica poco ambientalista del presidente, e che probabilmente, se non fosse stato svelato dalla stampa, starebbe ancora nei cassetti del Presidente.

Il documento, commissionato dal dipartimento della Difesa a due esperti di pianificazione strategica, descrive i bruschi cambiamenti del clima che potrebbero attendere il pianeta tra il 2010 e il 2020.
La data iniziale, il 2010, viene presa come esempio, ma incute un certo timore data la vicinanza.

Il cambiamento climatico sarebbe dovuto ad un blocco della Corrente del Golfo (CdG), già ipotizzato e studiato da diversi anni dal Prof. Robert Gagosian, direttore del Woods Hole Oceanographic Institution nel Massachusetts.

Tale blocco non sarebbe altro che una delle conseguenze peculiari prodotte dall’Effetto Serra, o comunque dal riscaldamento globale tuttora in atto.

Si avverte che, uno spegnimento improvviso della corrente, potrebbe portare, nell’arco di soli 10 anni, gran parte dell’Emisfero Settentrionale a confrontarsi con inverni rigidissimi.

L’Europa sarebbe la regione più colpita dagli effetti del raffreddamento climatico, subendo un calo di 3,5°C della temperatura media, contro i 2,8°C in meno che si avrebbero lungo la Costa Est del Nord-America.

Avremmo temperature sufficientemente basse a far crescere velocemente i ghiacciai alpini e, d’inverno, a far congelare le acque di fiumi, canali e porti, e a stringere le linee navali nord atlantiche nella morsa del ghiaccio.

Gran Bretagna e Irlanda verrebbero interessate da un clima quasi paragonabile a quello che attualmente si ha in Islanda, mentre l’Islanda stessa diventerebbe una succursale del Polo Nord, praticamente inabitabile, se non per le missioni scientifiche, come ora accade in Antartide.

Paesi come la Francia, la Spagna e in generale le coste che si affacciano sull’Atlantico settentrionale, subirebbero un netto cambiamento termico e sperimenterebbero mesi invernali rigidissimi.
Le conseguenze le si avvertirebbero anche nelle regioni piú continentali europee, dove il clima diventerebbe ancora piú rigido ma anche piú secco.

Il Mediterraneo sicuramente risentirebbe in misura minore degli effetti di questo fenomeno, ma, comunque, abbonderebbero i periodi freddi con incursioni gelide per opera di correnti siberiane o fronti polari, il mare, poi, genererebbe quei contrasti termici e quel contributo umido in grado di alimentare depressioni locali che, alimentate dall’aria fredda, produrrebbero, molto probabilmente, frequenti ed abbondanti nevicate.

La neve al suolo per lungo tempo diventerebbe la norma negli inverni di molte regioni europee ed anche italiane.

La penisola scandinava vivrebbe un clima rigidissimo, e le temperature che oggi si registrano solo nell’entroterra finnico o sulle montagne norvegesi si estenderebbero anche alla costa.
Tutto ciò causerebbe una enorme, ed esponenziale, crescita del fabbisogno di energia elettrica, e costringerebbe le tecniche agricole, di allevamento, di pesca, e di trasporto, ed in generale molte delle nostre attività, a grandi ed urgenti cambiamenti.

In poche parole il mondo e la sua economia, dato che sarebbe coinvolta una zona in cui è concentrato ben il 60% dell’economia mondiale, dovrebbero cambiare drasticamente, con gravi conseguenze sulla stabilità sociale, ed anche, e soprattutto, sulla politica internazionale.

Ma quanto è realistico un simile scenario?
Abbiamo visto come, già in passato (vedi Parte3), anomalie nella salinità delle acque che partecipano alla circolazione termoalina del Grande Nastro Trasportatore Oceanico (GNT), prodotte da flussi di acque fresche, abbiano causato oscillazioni del flusso della Corrente del Golfo con conseguenze importanti sul clima europeo e nordamericano.

L’aumento della quantità di acque fresche che affluiscono nell’Atlantico Settentrionale, già in atto da diverso tempo, sta attualmente diluendo le acque superficiali di questa importante porzione di oceano, che, solcato dall’acqua della Corrente del Golfo, ne sta alterando la concentrazione salina rischiando, in tal modo, di incepparne il meccanismo di affondamento.

I dati a disposizione del Woods Hole Oceanographic Institution e dei colleghi del British Centre for Environment, Fisheries, and Aquaculture Science, indicano importanti cambiamenti di salinità fin dal 1960.

Risulta evidente il calo di sale disciolto, soprattutto dagli anni ’70, costantemente diminuito e poi ulteriormente peggiorato nell’ultimo ventennio.
Questa alterazione è considerata, dagli oceanografi, il più grave, duraturo e diffuso, cambiamento nelle proprietà chimico-fisiche che un oceano abbia mai subito in epoca moderna (da quando è stato possibile effettuare misurazioni).

Il primo riscontro dell’influenza di tale cambiamento sul flusso delle acque di caduta, lo si sta registrando nei mari antistanti la Groenlandia, dove, con il calo di densità, è diminuita anche la velocità di affondamento fino al 20%, e contemporaneamente, in questi anni, si sta registrando un calo termico su tutta la zona.

Alcuni scienziati obiettano a questa ipotesi dicendo che le correnti profonde salate e fredde, in arrivo dall’Artico stagionalmente, derivanti dall’acqua salata che si forma durante il congelamento invernale della banchisa, sarebbero sufficienti a mantenere a lungo la concentrazione salina dell’immensa quantità d’acqua del fondale dell’Atlantico Settentrionale (profondo anche 3000m) su livelli sufficienti da compensare la diminuzione salina di quelle di caduta in arrivo dalla Corrente del Golfo. Inoltre affermano che, con un rallentamento della corrente di caduta, rallenterebbe anche la diluizione del bacino sub-oceanico stesso, finché, un raffreddamento anche contenuto del continente europeo, farebbe diminuire l’afflusso di acque dolci, permettendo al meccanismo di riequilibrarsi e di riprendere vigore.

Ma il rischio, invece, non è solo quello che le acque del bacino possano diluirsi, per fare ció, appunto, impiegherebbero almeno 70-100 anni (per ora la diminuzione di salinità riguarda soprattutto le acque superficiali e di caduta della Corrente del Golfo), ma è che le stesse acque di caduta della corrente possano venire “respinte” dal bacino, perché troppo leggere, e che senza mescolarsi a quelle più salate sottostanti, possano accumularsi in strati man mano superiori, diminuendo, così, ancora più repentinamente la propria salinità.

Quindi, la mancanza di gradiente salino, rispetto alle acque dell’Atlantico Meridionale, bloccherebbe il meccanismo termoalino, creando un “ingorgo” idrico marino che impedirebbe alla Corrente del Golfo di fluire fino all’Europa Settentrionale.

Il tutto avverrebbe repentinamente, nel giro di pochi anni, e la Corrente del Golfo resterebbe solo una corrente di superficie nel medio Atlantico, e al suo posto, nell’Atlantico Settentrionale, affluirebbero le correnti di superficie polari (oggi respinte proprio dal flusso della Corrente del Golfo).

In pratica sopravvivrebbe solo il suo ramo meridionale, abbandonando l’Europa ad un regime climatico molto più rigido.

Sorprendentemente, in alcune zone, il Grande Nastro Trasportatore ha già esitato un paio di volte negli ultimi decenni, come precisa William H. Calvin in uno dei migliori libri disponibili sull’argomento (“A Brain For All Seasons: human evolution & abrupt climate change”).

Gli oceanografi sono occupati nello studio di guasti nel flusso annuale, cercando di dare qualche prospettiva sui fallimenti catastrofici del passato.

Nel mare del Labrador, il flusso è venuto praticamente a mancare negli anni ’70, era di nuovo forte nei ’90, e adesso sta nuovamente declinando. Nel mare della Groenlandia, intorno agli anni ’80, la presenza del sale era diminuita enormemente, per poi riprendersi temporaneamente ed avere un nuovo crollo negli ultimi 15 anni.

Ovviamente, i “guasti” locali possono accadere senza particolari conseguenze, è una questione di frequenza e di vastità delle anomalie, ma il declino presente, ormai abbastanza diffuso, non è molto rassicurante.

Cambiamenti repentini nel clima europeo, ma di minore entità, sarebbero, forse, riconducibili anche al solo indebolimento della Corrente del Golfo, e attualmente si stanno studiando i collegamenti esistenti tra le oscillazioni della circolazione atmosferica nord-atlantica (NAO), ed in generale del clima europeo, e le fluttuazioni della Corrente del Golfo.

Va considerata una ulteriore, ipotetica, aggravante, ossia il fatto che l’intensità della radiazione media emessa dal Sole sta attualmente attraversando una fase naturale di indebolimento, il che, come previsto dalle prospettive formulate nella teoria di Milankovitch (vedi Parte 3), preannuncerebbe l’avvicinarsi della prossima era glaciale.

Questo fatto potrebbe, a tutti gli effetti, far fare, all’eventuale piccola era glaciale prodotta dal blocco della corrente, da innesco ad una nuova, vera era glaciale, non riuscendo ormai il Sole a contrastare un’eventuale crescita dell’effetto albedo.
Quello di cui stiamo parlando non è niente di nuovo per la Terra, è già accaduto in passato e accadrà nuovamente.

L’azione del GNT nella definizione delle ere glaciali è stata scoperta solo nell’ultimo decennio. Modelli preliminari, fatti con gli elaboratori dagli scienziati, speculano sui prossimi anni.
Tutti noi potremmo assistere a questo cambiamento nella nostra vita, e i nostri figli, nipoti e pronipoti, potrebbero ancora doversi confrontare con esso, ma potrebbe avvenire anche fra molte generazioni.

La mancanza di dati sufficienti e convincenti, e di una “teoria unficatrice”capace di tenere conto dei molteplici fattori di influenza e di feedback, per il momento, non ci consente di dare una risposta precisa sul clima che ci aspetta nei prossimi decenni.
La stessa teoria, che tiene conto dell’influenza dell’effetto serra di origine antropica, partendo da presupposti simili, può dare risultati contrastanti.

Infatti l’esclusione o meno di un parametro, quale l’influenza delle acque fresche sulla circolazione termoalina, può portare a due scenari climatici praticamente opposti.

La speranza è che l’umanità possa trovare, al più presto, delle risposte certe a questi quesiti, per cercare, così, di non farsi trovare impreparata di fronte al prossimo eventuale scatto climatico.

(Immagini dal Woods Hole Oceanographic Institution)
Autore : Massimiliano Santini