00:00 15 Dicembre 2004

DOSSIER Corrente del Golfo, parte 3^

Sensibilità della corrente ed instabilità di un sistema delicato.

Per capire le problematiche, che potrebbero influire sul funzionamento del delicato sistema termoregolatore oceanico, bisogna partire dalla storia climatica del nostro pianeta, che è stata caratterizzata da un susseguirsi di periodi caldi (anche molto più caldi del periodo attuale), e di periodi freddi (anche molto più freddi del periodo attuale) che hanno portato a grandi e piccole glaciazioni.

Limitandoci agli ultimi 2-3 milioni di anni, periodo in cui la Terra ha avuto caratteristiche geomorfologiche abbastanza simili a quelle attuali (il clima terrestre è fortemente dipendente dalla disposizione ed estensione delle terre emerse che, grazie alla dinamica della tettonica a zolle, subiscono, in milioni di anni, grandi mutamenti, facendo si che terre ed oceani possano venire ad occupare maggiori o minori zone temperate o fredde, influenzando, così, in modo determinante, il bilancio termico globale a seconda del caso), possiamo dire che si sono verificate almeno cinque grandi glaciazioni (Donau, Gunz, Mindel, Riss e Würm) con avanzamento ed espansione dei ghiacci, ed abbassamento del livello marino, separate da fasi interglaciali più calde con ritiro dei ghiacci e aumento del livello medio marino.

Ormai è abbastanza accertato che queste oscillazioni climatiche, per così dire “lente”, derivino da variazioni della quantità complessiva di energia solare che raggiunge la Terra, sia per una variazione dei parametri orbitali e di allineamento dell’asse terrestre, che provocano un cambiamento dell’angolo di incidenza della radiazione solare, che per variazioni della stessa intensità radiativa emessa dalla nostra stella.

Tale teoria, proposta dal fisico jugoslavo Milutin Milankovitch (1879–1958), propose l’esistenza di oscillazioni della densità del flusso radiante in cicli di 100000, 41000 e 21000 anni.

Effettivamente, nelle sedimentazioni oceaniche, esistono prove concrete di altrettante variazioni nella circolazione oceanica perfettamente coincidenti con questi cicli.

Una cosa, che in parte può sorprendere, è il ruolo determinante che la Corrente del Golfo ha avuto nella crescita dei ghiacciai che ricoprirono le regioni euroasiatiche e nordamericane durante queste glaciazioni.

Infatti, nonostante il crescente raffreddamento globale, la corrente avrebbe continuato a funzionare, anche se fino a latitudini inferiori a quelle raggiunte nei periodi interglaciali e con temperature probabilmente ridotte.

Per molto tempo, durante la glaciazione, il grande fiume oceanico ha continuato a fluire verso un’Europa sempre più fredda, apportando il suo carico tiepido ed umido, fondamentale nella costruzione delle immense distese glaciali.

Solo successivamente, per forza di cose, avrebbe abbandonato l’Atlantico Settentrionale, preda ormai della poderosa avanzata della banchisa polare.

Ma, oltre a queste oscillazioni “lente”, esistono esempi di variazioni climatiche naturali molto rapide che risulta molto difficile spiegare con la teoria di Milankovitch.

Recenti ricerche di paleoclimatologia, effettuate dal Woods Hole Oceanographic Institution, o anche dal programma di paleoclimatologia del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), e che ora stanno interessando la NASA ed anche l’Intergovernmental Panel on Climate Change, massima (ma discussa Ndr) autorità mondiale sul cambiamento climatico, e numerosi altri istituti, hanno dimostrato che, dalla fine dell’ultima glaciazione, si sono susseguite una serie di interruzioni e di riprese del flusso della Corrente del Golfo.

Tali interruzioni sono state evidenziate, non solo da una diminuzione delle temperature superficiali oceaniche e quindi dei territori limitrofi, con una diminuzione delle precipitazioni medie registrato nei carotaggi di ghiaccio groenlandese (in cui sono “archiviati” fino a 100000 anni di storia di precipitazioni), e da tronchi “fossili”, ma soprattutto da un cambiamento nelle stratificazioni sedimentarie e fossili del fondale oceanico, dove l’assenza o la presenza di una corrente lascia un segno indelebile.

Così si è scoperto che le transizioni da ere glaciali ad ere simili a quella odierna, e viceversa, sono state spesso improvvise, durando 10 anni, o anche solo due o tre anni. In molti casi, si è riusciti a collegare l’andamento del flusso della Corrente del Golfo alle fluttuazioni climatiche dall’ultima glaciazione ad oggi, portando ad ipotizzare una sua diretta responsabilità nel cambiamento climatico.

Questa alternanza di secoli o millenni, caratterizzati da temperature apparentemente stabili, seguite da cambiamenti repentini, dei veri e propri “scatti climatici”, verso periodi altrettanto lunghi ma termicamente molto diversi, nell’arco di solo qualche stagione, potrebbe essere anche la causa di grandi ed improvvise estinzioni di massa.

Se, infatti, è vero che un aumento di precipitazioni, dovuto ad acque più calde alle alte latitudini, ha consentito, per effetto albedo, l’instaurarsi della calotta polare tra due e tre milioni di anni fa, è altresì vero che nei periodi interglaciali si viene ad instaurare un flusso extra di acque fresche (termine che indica le acque dolci) verso l’oceano, dovuto sia a un maggiore scioglimento dei ghiacciai, causato dall’aumento termico, e sia ad un aumento delle precipitazioni piovose e quindi della portata media dei fiumi.

Un incremento del flusso delle acque fresche, che si riversano nell’Atlantico Settentrionale, può condizionare sensibilmente il meccanismo termoalino che guida la Corrente del Golfo fin oltre la Norvegia, producendo alterazioni che potrebbero portare ad un blocco improvviso.

L’ultima glaciazione, quella del Würm, ritenuta una delle più potenti, terminata circa 12.000 anni fa, raggiunse il suo picco massimo circa 19.500 anni fa, quando i ghiacciai dell’emisfero boreale si espansero ricoprendo buona parte dell’Europa settentrionale, le isole britanniche e l’Islanda, le Alpi sino alla Pianura Padana e gran parte dell’America settentrionale.

12800 anni fa, alla fine della glaciazione, le acque Nord Atlantiche, probabilmente a causa dell’elevato scioglimento dei ghiacciai, vennero invase da ingenti quantità di acque fresche, che, alterandone sensibilmente la salinità, ebbero l’effetto di causare un blocco dei flussi oceanici.

Nel giro di pochi anni si ebbe un consistente raffreddamento che, in un periodo ancora prossimo alla glaciazione, con temperature ancora poco elevate, fu in grado di coinvolgere l’intero pianeta.
Questo periodo, chiamato Younger Dryas, durò per 1300 anni, ed è solo uno dei molteplici periodi in cui il clima della Terra è cambiato molto rapidamente con uno “scatto climatico” improvviso da condizioni di caldo a condizioni di freddo.
Altrettanto repentino fu il riscaldamento che pose fine a quel gelo.

Un altro il calo termico repentino, anche se di entità meno violenta, avvenuto 8200 anni fa, risulta chiaramente legato ai cambiamenti dei flussi oceanici.
Infatti, alcune tracce nei sedimenti, hanno consentito di collegare un blocco del meccanismo termoalino ad un massiccio flusso di acque fresche che improvvisamente si riversarono nell’Oceano Atlantico Settentrionale.

Il tutto avvenne a causa della rottura degli argini (costituiti molto probabilmente dallo stesso ghiaccio) di un immenso lago glaciale, prodotto dalla fusione dei ghiacciai in ritirata, al confine tra gli attuali USA nord-orientali e il Canada.
Un’immensa quantità di acque dolci si riversò in poco tempo nell’oceano, diluendo la Corrente del Golfo.

Circa 1000 anni fa, durante un periodo climatico particolarmente clemente, con temperature inusualmente calde nell’Atlantico Settentrionale, i Vichinghi, antica popolazione scandinava, stabilirono delle colonie in Groenlandia, dove coltivarono anche la vite, cosa oggi impensabile.

Ma circa 700 anni fa, data in cui oggi si crede risalga l’ultima crisi del sistema di circolazione termoalina dell’Oceano Atlantico Settentrionale, furono costretti ad abbandonare i loro insediamenti per un improvviso peggioramento climatico.

Durante il periodo che seguì, oggi chiamato Piccola Era Glaciale, l’Europa settentrionale si raffreddò sensibilmente, i ghiacciai alpini vissero un periodo di notevole accrescimento e molte popolazioni montane dovettero abbandonare i loro paesi e villaggi.

Tra il 1300 e il 1850, ci furono inverni molto rigidi, soprattutto nei primi 3 secoli, l’allevamento e l’agricoltura furono messi a dura prova, frequenti carestie ed epidemie si abbatterono sulle popolazioni già provate da quel clima ostile.

Nel XVI e XVII secolo, come testimoniano molti dipinti fiamminghi, era norma che i canali olandesi gelassero per molti mesi all’anno, come non era raro che lo stesso Tamigi, a Londra, ed altri fiumi europei e nord-americani, fossero ricoperti di ghiaccio con spessore sufficiente a permettere il passaggio di persone, slitte e persino di cannoni.

Tra il 1730 e il 1750, il clima particolarmente ostile fu la causa di altre carestie, soprattutto nelle regioni occidentali europee, come in Francia, ma specialmente in Irlanda, dove, in concomitanza, una malattia che distrusse le coltivazioni di patate (all’epoca principale fonte di sostentamento), costrinse la popolazione affamate ad una migrazione di massa.

Questi tragici eventi stanno a testimoniare che il sistema di circolazione oceanica è capace di donare una stabilità mite al nostro clima, quale quella che stiamo vivendo attualmente, ma che, essendo molto sensibile e suscettibile, rischia di reagire con pericolosi barcollamenti ad interferenze sul suo delicato equilibrio.

Nel prossimo articolo analizzeremo la storia recente della corrente ed il suo stato di salute, cercando di descriverne i possibili mutamenti e gli scenari futuri.
Autore : Massimiliano Santini