00:00 13 Ottobre 2008

Diga del Vajont: 9 ottobre 1963, ore 22.39, l’inferno…

La tragedia del Vajont.

La notte è iniziata da poco, la gente a Longarone è riunita nei bar perchè è un mercoledì e c’è in eurovisione la partita Rangers Glasgow contro Real Madrid.

Un lampo accecante e un pauroso boato scuotono improvvisamente la valle del Vajont e i paesi limitrofi: un’enorme frana si stacca dal versante settentrionale del monte Toc, e scivola nella sottostante valle del torrente Vajont sbarrata in quel punto da un’alta diga.

Una massa rocciosa di 259 milioni di metri cubi, con un fronte di quasi 2 Km, precipita di colpo nel lago artificiale: un’onda gigantesca, valutata a circa 30 milioni di metri cubi d’acqua fangosa, alta 250 m, spazza le rive del lago investendo i paesi di Erto e Casso, scavalca la diga, rovesciandosi nella sottostante forra, per dilagare poco oltre con violenza nella valle del Piave, dove travolge i paesi di Longarone e Faè ad una velocità di 80 Km/h.

Quasi 2000 le vittime, enormi i danni. Scrive la giornalista Tina Merlin: ” la storia del grande vajont, durata vent’anni si conclude in 3 minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime.”

LE CAUSE

Le successive inchieste hanno messo in evidenza il concorso di più cause, che hanno determinato il distacco della frana. Innanzitutto la struttura geologica del monte Toc, caratterizzato, lungo il versante settentrionale, da strati di roccia inclinati di circa 45° verso la valle.

Il motore della frana è la forza di gravità, ma il movimento è favorito dalla presenza, nella massa rocciosa di livelli “lubrificanti” cioè di materiali molto plastici (come le argille), interposti tra gli strati di altro materiale.
L’acqua che penetra e circola nelle rocce concorre ampiamente ad esaltare l’azione lubrificante di tali materiali, oltre ad appesantire la massa rocciosa superficiale.

Nel caso del Vajont, nei due mesi precedenti la frana, la piovosità era stata il triplo della media dell’ultimo ventennio per lo stesso intervallo di tempo, e l’acqua ha intensificato la sua azione, fino a raggiungere un effetto determinante nell’innesco della frana. Altre cause immediate sono state considerate le ripetute operazioni di riempimento e svuotamento dell’invaso artificiale, in atto in quel periodo per il collaudo del bacino.

La frana non era inaspettata, ma coloro i quali sono stati i protagonisti delle inchieste negli anni successivi, hanno sperato fino all’ultimo che essa si manifestasse con un movimento lento e distacchi successivi tali da occupare una piccola parte del bacino.

Ci riferiamo alla SADE, la Società Adriatica di Elettricità, che ha progettato e costruito la diga, contro la quale la giornalista Tina Merlin, ha lanciato le sue pesanti accuse, messe a tacere dalla stampa fatalista, che ancora oggi spesso vede nelle tragedie la cattiveria della natura e non le responsabilità dell’uomo.
Intendiamoci, non sempre l’uomo è colpevole ma laddove ci sono delle responsabilità precise, deve essere fatta giustizia.

Vi ricordiamo che l’Ingegner Biadene è stato condannato a 5 anni di carcere per quanto accaduto al Vajont e ha scontato un solo anno di reclusione.

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Autore : Geologa Sofia Fabbri