00:00 13 Dicembre 2007

Clima: Kyoto addio, l’ONU punta su Bali

Ancora un grande summit sul clima. Questa volta tocca all'isola indonesiana di Bali mettere sul tavolo le disastrose prospettive climatiche di Gore e soci. Passerà alla storia come il dopo Kyoto

Due settimane per salvare l clima. L’icona del 13° summit sul clima appare vagamente come una ammissione di fallimento del protocollo di Kyoto la cui scandenza è prevista per il 2012. Unica nota positiva per i supporters di Gore e del riscaldamento antropogenico arriva dal premier australiano Kevin Rudd che ha anticipato la sua prossima adesione allo step numero due del protocollo.

Sono circa diecimila i convenuti alla conferenza, provenienti da 190 diversi Paesi. Lo scopo è quello di varare un nuovo negoziato che sostituisca il vetusto protocollo di Kyoto entro il 2009, ossia prima della sua naturale scadenza.

I paletti posti dal trattato all’emissione di gas serra indicavano l’obiettivo di una riduzione globale pari al 5% rispetto ai valori del 1990 (praticamente nulla). Tanto per farci un’idea, la ligia Europa, nonostante le spese sostenute (e noi Italiani ne sappiamo qualcosa) è riuscita finora a mantenere solo il 2% dei propositi il che condisce tutto di una superficiale inutilità.

Durante la prima settimana di dibattiti proprio l’Italia (e ti pareva) è stata immolata sul banco degli imputati per essersi classificata al 41° posto su 56 Paesi nel contenimento della CO2. Gli autori dello studio, condotto dall’associazione ecologista Germanwatch su dati dell’AIE (Agenzia Internazionele per l’Energia), hanno sottolineato la gravità del sistema Italia in considerazione del suo 60% di responsabilità nell’emissione totale.

Non sono mancati dati la cui evidenza appare quantomeno discutibile e intrisa della solita demagogia. Fiore all’occhiello la questione Antartide: sono stati all’uopo divulgati numeri non proprio attinenti alla realtà secono i quali la superficie glaciale del continente è in drammatico e costante arretramento e ricoprirebbe un’area inferiore del 40% rispetto a 26 anni fa. L’Antartide soffrirebbe più di altri angoli del Globo la pressione del riscaldamento globale.

Le acque dell’Oceano Meridionale che lambisce la banchisa si sarebbero addirittura scaldate a dismisura fino a 3000m di profondità. Questo avrebbe messo a rischio la sopravvivenza di quattro diverse specie di pinguini. Secondo Gianfranco Bologna, direttore del WWF, le colonie di pinguini, simbolo di quest’angolo di mondo, hanno subito una vera e propria decimazione che ha ridotto dal 30% al 66% le popolazioni dei simpatici uccelli negli ultimi 25 anni.

Se andiamo a verificare personalmente i dati satellitari divulgati dalla NOAA, emergono però dati ben diversi. La bachisa australe dal 1979 ad oggi non è arretrata ma, al contrario, denota uno strabiliante equilibrio. Attualmente si trova in ottima forma e mostra addirittura un trend di crescita dello 0,4% per decennio. La conferma giunge anche dagli ultimi dati del novembre scorso dove le analisi satellitari evidenziano che le zone di crescita superano di gran lunga quelle di perdita.

Nei prossimi giorni è attesa la controreplica dei cosiddetti “scettici”. Ne vedremo delle belle e noi vi terremo puntualmente aggiornati.
Autore : Luca Angelini