00:00 7 Novembre 2007

Ciclo trentennale secco? Benissimo ma non sarà sempre così e soprattutto attenti a non dare valutazioni solo su qualche annata

Le variabili in gioco sono troppe per cercare di individuare in un ciclo trentennale anche dei microcicli stagionali.

Quali sono le certezze climatologiche degli ultimi 30 anni in casa nostra?
Che i ghiacciai si sono sensibilmente ridotti.
Che piove sino al 20% in meno.
Che fa più caldo di qualche decimo di grado.
Che la nebbia si è ridotta di quasi il 50-60%
Che gli eventi estremi sono diminuiti proporzionalmente alla riduzione di eventi perturbati di un certo rilievo sul territorio, evidenziata anche dallo scarso ingresso annuale delle perturbazioni atlantiche, che ormai si contano sulle dita di una mano.
Che le stagioni non seguono un andamento regolare risultando mediamente più secche e più calde della norma.

Da cosa è dipeso tutto questo?
Da molteplici fattori.
-innalzamento flusso zonale atlantico
-spostamento verso nord della cella di Hadley e di conseguenza della linea di convergenza intetropicale, punto di incontro tra gli alisei di nord-est e di sud-est. Tutto ciò ha visto protagonista l’anticiclone africano nell’area mediterranea
-l’oscillazione multidecadale della temperatura delle acque dell’Atlantico, meglio conosciuta come AMO, che ha favorito l’intensificarsi di una zona anticiclonica ad ovest del Continente.
-La positività spesso costante della NAO, la north atlantic oscillation con ripartizione della pressione atmosferica tale da sfavorire l’inserimento nel Mediterraneo delle piovose perturbazioni atlantiche
-gli episodi sostenuti di Nino e Nina, che hanno penalizzato l’Italia sia in termini di caldo in estate che di scarsità di precipitazioni in inverno.

Sbagliate invece si sono rivelate alcune osservazioni effettuate sulla base di qualche autunno piovoso, vedi stagione 2000 e 2002. Qualcuno ha attribuito al vortice polare la capacità di piazzare costantemente nel periodo autunnale imponenti saccature, al cui vertice si sarebbero posizionate depressioni lente a colmarsi che avrebbero provveduto a colmare il nostro deficit idrico.

In realtà come si vede non è possibile individuare un ciclo in pochi anni di osservazione. Possiamo solo cogliere le linee generali del tempo. Una o due stagioni che seguono un certo andamento non possono fare letteratura e infatti spesso ci troviamo a vivere autunni asciutti, mentre non è corretto definire l’inverno secco nelle Alpi e in genere al nord un’anomalia propria degli ultimi anni. Non solo 26 inverno sugli ultimi 30 si sono rivelati prevalentemente secchi ma, se si eccettua il ventennio 60-70, ingiustamente assunto come paradigma climatico, anche per gran parte del secolo scorso si presentò secco.

Sbagliato anche pensare che l’attuale periodo trentennale di variazione, con le caratteristiche sopra elencate, possa durare per sempre, come qualche benpensante vorrebbe farci credere.

Abbiamo già esposto in molti altri pezzi che la NAO osserverà nuovamente cicli negativi, così come l’AMO, così come è probabile che il sole osservi una fase di quiete prolungata tra circa un ventennio.

Dunque è inutile strapparsi i capelli per il cambiamento del clima, utile invece adottare quelle contromisure tecnologiche che ci consentano di affrontare questa fase secca senza pagare conseguenze eccessivamente penalizzanti per un territorio già lungamente provato non tanto dai capricci del clima ma dalla scarsa pianificazione umana a tutela della sua (e dunque della nostra) conservazione.
Autore : Redazione