00:00 5 Novembre 2007

Breve storia della neve ad UDINE

Sarà poi vero, come ricordano le persone anziane, che in passato nevicava molto di più in Friuli ed in particolare a Udine? Ripercorriamo due secoli di storia e cerchiamo di fare il punto della situazione.

Quante volte abbiamo sentito ripetere dagli anziani “ai miei tempi sì che nevicava, gli inverni erano molto più freddi, a Natale si spalava la neve ammucchiata di fronte all’ingresso di casa”. Così, nel nostro immaginario, ad ogni approssimarsi dell’inverno, si materializzano ricordi altrui, sentito dire persi nelle nebbie della memoria che raccontano di felici pomeriggi natalizi trascorsi in un paesaggio ammantato di bianco.

Non bastassero gli anziani, ci si è messa anche la pubblicità. Per chi come me ama la neve, la famosa pubblicità di un noto brandy è sempre stata fonte di frustrazione durante i Caroselli d’inizio dicembre. Immagini da sogno con distese di neve, bufere, boschi incantati e abeti ridotti a candele.

Potrebbe mai un bambino della pianura friulana sperare di vivere un simile delirio natalizio? La risposta che la fredda statistica impone è: molto difficile, altamente improbabile. E non solo a Natale.

Magari, nel passato, qualche raro e timido episodio durante le feste della Natività c’è stato, senza però modificare una realtà più incline a deludere le attese.

Il racconto del difficile rapporto tra la neve e Udine è un percorso a ritroso nella storia meteorologica cittadina che si basa sull’ottimo lavoro proposto da Piero Cicuttini al convegno organizzato dall’Unione Meteo del Friuli-Venezia Giulia a Cervignano lo scorso marzo.

Uno studio che raccoglie e analizza una valanga di osservazioni che scrupolosi meteorilevatori di questo secolo e di parti dei secoli precedenti hanno annotato accuratamente nei loro registri, sconfessando in sostanza i fuorvianti nonni dispensatori di ricordi tendenziosi.

Chiariamo subito che la posizione geografica e la distribuzione dell’orografia regionale non favoriscono di certo il verificarsi del fenomeno neve alle basse quote. La pianura friulana è delimitata a nord, in tutto l’arco che va da ovest ad est, dai rilievi prealpini, ultime propaggini meridionali della parte orientale della catena alpina. Scendendo un po’ più a sud troviamo il Carso triestino.
Le Alpi costituiscono una possente barriera ai venti freddi del nord, il mare, al contrario, una porta spalancata per i venti caldi di Scirocco, Ostro e Libeccio.

Il lato orientale, con i suoi rilievi di modesto livello altimetrico, è l’unica possibilità d’ingresso per il freddo che conta. Si può quindi già intuire che solo una sapiente regia meteorologica è in grado di portare significative nevicate sulla pianura friulana e su Udine in particolare.

Le cronache stagionali riportano spesso notizie di neve in città come Torino e Milano quando sulle nostre zone pianeggianti piove copiosamente e neppure fa tanto freddo. Ciò accade perché l’aria fredda che grava in inverno sulla Val Padana centro occidentale, resiste per diverso tempo agli attacchi temperati meridionali grazie alla protezione garantita dalle Alpi Marittime, dall’Appennino Ligure e dall’Appennino Tosco-Emiliano. La pianura friulana, aperta verso il Mare Adriatico, finisce presto in balia dei venti miti. È giusto ammettere però che la geografia della nostra regione gioca contro l’insorgenza della nebbia.

Anche nella stagione invernale si instaurano brezze tra il mare e le vicine montagne che riducono a miti consigli lo sgradito ospite. Udine, ne è statisticamente colpita per soli 5 giorni l’anno.

Detto della posizione geografica e collocato il clima udinese nella fascia continentale temperata, occorre individuare le condizioni adatte affinché sia possibile veder nevicare sulla nostra pianura. E queste sono principalmente due.

Nel primo caso è fondamentale una robusta alta pressione che assicuri un generoso contributo freddo continentale dalla cosiddetta porta della Bora (l’est di cui si scriveva prima). Dopo alcuni giorni di continuo raffreddamento entra in scena una perturbazione atlantica tosta, capace di avanzare di buon passo. I fronti in avvicinamento da ovest richiamano aria più mite e umida che, essendo anche più leggera, scorre sopra il cuscino freddo preesistente.

Tutto questo genera quelle che in gergo sono conosciute come “nevicate da addolcimento”, un bel termine, quasi poetico, che nasconde la trappola. Per i motivi già descritti in precedenza, l’aria calda non trova alcun ostacolo a sud e con meticolosità inesorabile scalza in breve tempo l’intimidita aria fredda. Così inizia a nevicare, tutto s’imbianca, i bimbi affollano i parchi allegramente ma il raggiro è dietro l’angolo. Il clima lentamente si riscalda, la neve cade dai fili elettrici, dalle reti, ai fiocchi si sostituisce il funesto ticchettio della pioggia. La magia è finita, tutti a casa.

La seconda possibilità è una depressione sul golfo ligure in movimento verso le regioni centrali italiane, conseguente richiamo di correnti caldo umide in quota e afflusso freddo al suolo proveniente dal profondo nord-est europeo. È proprio questa la condizione che ha generato su Udine e dintorni le nevicate più convincenti della storia, spesso accompagnate da forti venti di Bora.

Basti ricordare, in tempi relativamente recenti, il famoso gennaio 1985. A seguito di un lungo periodo di freddo anomalo una depressione si stabilì per alcuni giorni sull’Italia centrale provocando abbondanti nevicate sulla città (ben 32 centimetri in 48 ore) accompagnate da vere e proprie bufere di vento con temperature costantemente al di sotto dello zero.

Queste le possibili, non frequenti, situazioni meteorologiche foriere di neve a quote molto basse. Possiamo però sostenere che in passato nevicava di più? Cerchiamo di dare una risposta.

Cicuttini ha ricostruito il passato avvalendosi dei dati raccolti dal Conte Fabio Asquini nel periodo 1777-1789, da Girolamo Venerio tra il 1803 ed il 1842, da un rilevatore ignoto presso il Castello di Udine nel breve segmento 1874-1885 e dell’importantissima mole di dati schedati da Arturo Malignani e famiglia tra il 1891 ed il 2000. Una sintesi dei dati rilevanti è riportata nelle due tabelle pubblicate nella pagina.

La prima serie di rilevamenti, i 13 anni registrati dal Conte Asquini, rappresenta in assoluto il periodo più generoso quanto a frequenza ed accumuli di neve nella storia della città.

Parliamo naturalmente di dati. Furono davvero di notevole spessore le stagioni fredde di fine ‘700. Il record assoluto spetta al 1784, un “Eldorado” irraggiungibile per i nivofili. In quei remoti mesi invernali su Udine nevicò per la bellezza di 26 giorni accumulando lo straordinario quantitativo di 169,2 centimetri. Ai giorni nostri così tanta neve è difficile trovarla addirittura alle quote medie in montagna. Ciò che rende questi 13 anni assolutamente speciali è la media annua di ben 65 centimetri di neve caduta nonostante, in 2 anni del periodo, non si sia visto un solo fiocco di neve. Pur riconoscendo la brevità di questo ciclo è innegabile che in quei 13 anni ruggenti sia caduta in termini assoluti molta più neve che nei successivi intervalli esaminati.

I primi 40 anni del ‘800 vedono già una tendenza al decremento. In questo caso non si parla tanto di minor frequenza, anzi. Il numero medio di giornate con neve nell’arco di un anno aumenta rispetto al periodo precedente ma cala decisamente la quantità media annua di neve caduta che si attesta su un più modesto 19,7 centimetri (ricordiamoci dei 65 precedenti!). Effettivamente in questi 40 anni si assiste ad una diminuzione dell’intensità delle precipitazioni ma non ad un loro diradamento.

I seguenti 8 anni di osservazioni attribuiti al “rilevatore ignoto” sono poco significativi.
Il nostro amico, forse di indole meno avvezzo al sacrificio, era un po’ scostante, non quantificava mensilmente la precipitazione e non registrava il numero di giorni con neve. Un dato d’interesse è però la solita media di accumulo annuo. Questa è stata calcolata e conferma la tendenza dei primi 40 anni del 1800 attestandosi sul valore di 19,1 centimetri.

Fin qui ci siamo occupati di un passato piuttosto lontano. Come inquadrare invece il XX secolo appena archiviato? Quanto appare dalla ricerca di Cicuttini è sconfortante. Se i 19 centimetri di media annua del 1800 ci sembrano poca cosa rapportati ai 65 di fine ‘700 cosa dire dei più recenti 110 anni di registrazioni della famiglia Malignani?
Il secolo è trascorso con una marcata irregolarità delle precipitazioni evidenziando un andamento ciclico delle stesse. Dopo un fine ‘800 con buona nevosità, i primi 28 anni del ‘900 trascorrono, abbastanza uniformemente, con bassa nevosità. Purtroppo i mali non vengono mai soli ed ecco che tra il 1930 ed il 1960 (periodo comprensivo di luttuosi avvenimenti bellici), sia pur con alti e bassi, riprende a nevicare con maggiore intensità per poi ripiombare ancora una volta nella mediocrità durante gli anni ’60 e ’70.

Gli anni ’80 registreranno una temporanea ripresa culminando nei due famosi inverni 1985 e 1987.

Da quel momento in poi, salvo rare eccezioni, si registrerà il livello di nevosità più basso tra tutti i periodi esaminati.
Ricapitolando, il numero di giorni con neve è andato sempre diminuendo dall’inizio del 1900 e lo stesso discorso vale per la quantità di neve caduta.

In 101 anni abbiamo avuto una media di 1,75 giorni con neve per anno. Risalta però la circostanza che nei primi 50 anni del ‘900 i giorni di neve in un anno erano 2 mentre negli ultimi 50 solo 1,5. Il dato eclatante in negativo riguarda gli ultimi dieci anni. Siamo scesi ad un avvilente dato di 1 giorno con neve di media annuale.

Dove avranno dunque trascorso l’inverno i nostri anziani che ricordano stagioni in cui il bianco l’ha fatta da padrone incontrastato? Il terribile inverno del ’29? Tre giorni di neve per un totale di 52,9 centimetri caduti. Non male, ma di 3 giorni sempre si tratta. È solo un esempio che fa intendere come certi eventi finiscano nella sfera del mito più che nella storia.
La spiegazione di questo fenomeno sta in piccolo inganno della nostra mente. Essa tende a fissare nella memoria i fatti che più la colpiscono dilatandone il contenuto reale. Io stesso, se penso all’inverno 1985, ho l’impressione di aver vissuto lunghi mesi tra gelo e furiose nevicate. Tutto ciò è vero solo in parte. Novembre e dicembre 1984 furono mesi miti se confrontati alle medie. Poi, dopo l’Epifania, su Udine e dintorni calò il gelo, quello vero, per diversi giorni causa di devastanti rotture delle condotte idriche. A metà gennaio arrivò copiosa la neve che per 3 giorni sconvolse la circolazione cittadina. Seguì il solito aumento della temperatura, una pioggia battente ed un rapido scioglimento del cospicuo manto nevoso. Il mio ricordo, come quello di molti, si è però cristallizzato su quei 3 indimenticabili giorni di neve.

Quali conclusioni ci induce a trarre la relazione di Cicuttini? Certamente essa dimostra che Udine è per natura poco incline a dispensare neve e condivide questo primato negativo probabilmente con due sole altre località di pianura nel mondo, analogamente situate a cavallo dei 46 gradi di latitudine nord. Si tratta della regione francese dell’Aunis e della zona costiera dello stato americano di Washington. Nel corso dei 171 anni esaminati la quantità media di neve caduta è diminuita ed è diminuito anche il numero di giorni con neve. Gli ultimi 10 anni, lo abbiamo già visto, rappresentano il minimo assoluto di due secoli.

Solo in pochi anni del XX secolo, prossimi ai terribili eventi bellici della seconda guerra mondiale, si sono raggiunti i cinque giorni di neve in tutta la stagione invernale. Probabilmente a causa di un clima più rigido la neve caduta si conservava più a lungo al suolo rispetto ad oggi.

Questo può aver contribuito all’idea comune di inverni più nevosi in passato. I dati confermano che non c’è mai stata una regolarità nelle precipitazioni, piuttosto si sono alternati cicli più o meno lunghi con caratteristiche opposte.

Una curiosità: gennaio è il mese di gran lunga più nevoso (43.6%) seguito da febbraio (24.8%). A discreta distanza segue dicembre (15.9%) e questo dato accredita la bassa probabilità di eventi nevosi natalizi. Per gli appassionati della consolatrice bianca non rimane che sperare in un’inversione di tendenza, in un improbabile ritorno del fantasma nobile del Conte Asquini e delle candide visioni di cui avrà goduto in quei lontanissimi inverni.

Rimanendo con i piedi a terra e ponendoci come osservatori distaccati ed obiettivi, dobbiamo riconoscere che per la pianura friulana ed Udine la neve non è una dimensione consueta ma piuttosto un evento raro, soprattutto in questi ultimi anni, in questa fase di riscaldamento globale del pianeta. Forse la colpa è della nostra fame di progresso a tutti i costi, forse il mutamento è principalmente naturale o forse coesistono entrambe le cause amplificando gli effetti. Nel dubbio, godiamoci le sporadiche apparizioni della neve in città e non lamentiamoci troppo dei disagi che porta alla nostra abitudinaria nevrosi.
Autore : Marco Virgilio