00:00 10 Febbraio 2003

“Maledetti italiani, maledetti austriaci”…quando la natura va oltre i confini

Dai saggi di Gatterer uno spunto per riflettere sulla vita di una regione conquistata. La natura e il turismo hanno aiutato molto a superare "l'inimicizia ereditaria", ma le ferite restano.

MeteoLive pubblica un importante documento che vuole invitare tutti i nostri lettori ad una sorta di simposio ideale. Se volete esprimere la vostra pacata opinione su questo argomento dopo aver letto il pezzo, scrivete ad [email protected].

Far capire alla popolazione quanto la natura possa unire e mai dividere, è il nostro primo sforzo in qualità di redattori di MeteoLive.

Quante volte avete sentito i nomi delle famose località turistiche altoatesine o sudtirolesi che dir si voglia? Selva di Val Gardena, Ortisei, Dobbiaco, Brunico, San Candido, San Vigilio di Marebbe, Bressanone, Sesto. Ebbene queste terre, prima della guerra del 15-18, erano austriache e poi sono passate all’Italia.
Molti giovanissimi forse non si rendono conto cosa sia stata la Grande Guerra sulle Dolomiti o possono averne solo una vaga idea visitando oggi quei tristi musei all’aperto sulle montagne.
L’uomo era impegnato su due fronti: il nemico e la montagna.

La nostra vocazione di “essere socievole” però dava vita ad un grande rispetto reciproco e ad episodi di grande umanità. Dalle trincee si scambiavano tra “nemici” sigarette e generi alimentari e se avessero potuto quei giovani si sarebbero volentieri abbracciati, sarebbero nate delle amicizie e ciascuno sarebbe tornato con gioia dalla propria famiglia, magari con la promessa di rivedersi per pranzare insieme e condividere la bellezza di queste montagne meravigliose.
Invece la guerra ha snaturato e cancellato in un attimo le tradizioni e le origini di una regione intera, il sud Tirolo, come è avvenuto in tanti altri luoghi d’Europa, intendiamoci.

Naturale allora che si creasse una forma di “antipatia o inimicizia” nelle generazioni di quei tempi. Tutto questo astio però è stato cancellato dal tempo, con l’aiuto di una grande protagonista della nostra vita: la natura e quando diciamo natura pensiamo subito al turismo.

L’italiano ha abbracciato gradualmente il fratello italo-austriaco, anche grazie alla natura, e si è trovato un equilibrio meraviglioso. E’ bello vedere i Walschen, gli “stranieri”, arrivare su in Alto Adige e interessarsi del passato di queste terre con grande rispetto, invadere gioisamente alberghi e ristoranti ed essere ricambiati quasi sempre da una cordialità sempre più spontanea e sempre meno forzata. Non più: “il cliente porta soldi e va trattato bene” ma “compatrioti che vengono a godere con noi la bellezza della montagna”.

E allora volentieri il forestiero chiede perchè Ortisei in tedesco fa St.Ulrich, perchè San Candido fa Innichen o Sesto Sexten.

Adesso la frontiera austriaca non esiste nemmeno più e le nuove generazioni si stanno integrando, senza però giustamente dimenticare ciò che è stato il loro passato.

Una pagina di grande letteratura ci permette di capire meglio cosa deve aver significato per gli altoatesini e in particolare per gli abitanti della Pusteria, staccarsi dall’Austria subito dopo la guerra e diventare italiani.

Riportiamo allora una pagina di Claus Gatterer, un bravissimo giornalista, scomparso nel 1984, nato in Alta Pusteria, che ci fa rivivere quei momenti, alla fine mi congederò da voi con una riflessione valida però a 80 anni di distanza, a “mente fredda”.

Cosi scrive Gatterer in un passo del suo saggio, “Bel paese, brutta gente”(* vedi nota) ambientato a Sesto di Pusteria: “perchè i campi non danno più raccolto, nonno? -chiedevamo. E lui ci spiegava che il nuovo confine aveva diviso Sesto dalla “sua” Madonna, che era rimasta aldilà, in Austria.
Una volta, per propiziarsi un buon raccolto, i paesani si recavano in pellegrinaggio fino a Maria Luggau, nella valle Lesach, nella Carinzia, attraverso pascoli alpini e montagne, con nello zaino un pezzetto di speck, una crosta di formaggio e qualche sorso di grappa.
-E oggi? Oggi vanno fino a Santa Maria di Dobbiaco, su strade liscie come uno specchio e nessuno deve alzarsi a mezzanotte. Un tale pellegrinaggio non può contare.
Gli anziani del paese tornavano spesso col pensiero a Luggau. La perdita della Madonna di loro pertinenza sembrava averli colpiti più della perdita del Kaiser. Il fatto che l’ufficio catastale e la pretura si trovassero a Monguelfo e che per l’avvocato si dovesse andare a Brunico, anzichè a Lienz non li disturbava minimamente.
Invece i campi che non producevano più perchè si andava da una Madonna “diversa” era fondamentale. In queste cose si configurava il sovvertimento dell’ordine e per questo la normalizzazione non era possibile.
La comunità del paese non vive soltanto dell’acre sudore dei giorni feriali, nè solo delle pace delle domeniche e dei giorni festivi. Tutto ciò che la tradizione ci affida non si manifesta solo nel gioiso frastuono dei riti nuziali o delle abitudini carnevalesche, ma aleggia tra la gente invisibile come un’atmosfera. La vera tradizione è ciò che non si percepisce e di conseguenza non si può cedere agli altri, come il cinguettio degli uccelli, il lontano canto di un gallo, o il fruscio del bosco avvolgente come il silenzio. L’estraneo che si insedia nel paese vi apparterrà soltanto quando afferrerà l’impercettibile, quando i rumori della valle si fonderanno nel suo linguaggio e la storia si fonderà con la coscienza di ciò.”

Tutto questo ad oltre 80 anni di distanza può far sorridere nell’era degli spostamenti planetari e della globalizzazione, ma allora aveva un senso. Oggi il gallo di Canazei o di Predazzo in Trentino è uguale a quello di Brunico, le montagne della Val Rendena sono belle e ricche di suggestione come quelle della Val Venosta, il richiamo della foresta e delle vette ci rende o dovrebbe renderci tutti cittadini del mondo, sia a nord che a sud delle Alpi.

Mi fa piacere che oggi recandomi in Alto Adige-SudTirolo mi si dica che anche a Bressanone-Brixen si legga MeteoLive e non solo più il bollettino meteo austriaco, significa che l’attenzione posta dal nostro giornale alle varie zone d’Italia sia a livello naturale che meteorologico, comincia a dare i suoi frutti, dalle Alpi alla Sicilia.
Anche questo, ovviamente, ci riempie d’orgoglio.
Ancora una cosa va ricordata: la guerra non viene mai decisa dalla povera gente, ma è proprio la povera gente che ne subisce tutte le peggiori conseguenze.
Noi abbiamo detto la nostra, ora se volete, potete esprimere anche voi un’opinione.

(*) il titolo del libro a cui si fa riferimento può dar adito a fraintendimenti: Gatterer è sudtirolese e il bel paese di cui parla e di cui è nativo è Sesto di Pusteria e non si riferisce all’Italia. E’ allora appena il caso di aggiungere che “brutta gente” è da riferirsi simpaticamente alla gente che lo abitava (per motivi che l’autore approfondisce poi nel testo) e non agli italiani!
Autore : Alessio Grosso “Capo-redattore”