00:00 3 Marzo 2004

DOSSIER Il clima di Verona II parte. Le precipitazioni

850 mm di pioggia, solo 11 di neve, 26 temporali all'anno, tanta grandine e poche sorprese. In compenso tanto scirocco, frequenti acquazzoni estivi e frequenti episodi siccitosi invernali e primaverili. Sono gli ingredienti della ricetta delle piogge a Verona.

LE PRECIPITAZIONI

Leggermente più piovosa di Milano, Mantova o Cremona, la città Verona riceve una quantità media annua di 840 millimetri di pioggia. È su questo dato, apparentemente generico, che vogliamo costruire una serie di considerazioni sulle precipitazioni di una delle città italiane e padane dal clima meno rigido, per effetto della protezione alpina e dell’esposizione a sud.

Se le località di montagna poste a nord della città arrivano a ricevere anche 1.200 mm annui (addirittura 1.800 immediatamente a valle del monte Carega), tale quantità tende a scendere al di sotto degli 800 ai confini con le province di Mantova e Rovigo (localmente anche al di sotto dei 700).

Gli estremi pluviometri annui assoluti vedono una quantità massima di 1.132 millimetri caduti del 1960 e una quantità minima di 546 mm nel 1983 (ne sarebbero caduti 519 nel 1945, ma il dato non è completamente certo). Negli ultimi 50 anni si sono tuttavia avute 5 annate con quantità superiori ai 1.000 mm e 5 al di sotto dei 600. La quantità media oscilla dunque con una certa elasticità.

Il numero medio del temporali dal 1950 ad oggi è di circa 26 all’anno, con un massimo di 38 nel 1977 e un minimo di 16 nel 1998 (si nota negli anni ’90 una leggera tendenza all’aumento della frequenza). In città di neve ne cade pochissima, comunque meno che ad Ancona o a Pescara. La media è di 11 centimetri annui, con un picco massimo di 24 cm in una sola nevicata il 22 febbraio 1948. Nella Bassa e ai confini con la provincia di Mantova la quantità media è decisamente superiore a quelle della città e della prima collina (150/300 mt), quasi doppia.

In città dal 1948 ad oggi un singolo episodio nevoso non ha mai totalizzato più di 21 di manto al suolo, nemmeno nel ’56, nell’85 (solo 14 cm!!) o nel ’91 (17 cm).

I mesi più aridi dell’anno risultano essere senza dubbio quelli invernali. Se gennaio arriva a malapena a 52 millimetri, febbraio non supera nemmeno i 46. Per di più molte volte questi mesi sono trascorsi completamente all’asciutto. Responsabili di questi apporti pluviometrici così bassi è la natura delle perturbazioni invernali, caratterizzate da fronti caldi meno attivi per effetto del progressivo raffreddamento stagionale del Mediterraneo. I fronti sono così meno carichi di vapore.

Anche marzo presenta valori pluviometrici decisamente scarsi. È il secondo mese più secco dell’anno (appena 49 mm). La vivacità atmosferica produce in aprile i primi veri acquazzoni temporaleschi, essenzialmente per effetto del maggiore riscaldamento terrestre. La quantità media di pioggia mensile si porta infatti a 65 mm. In maggio l’attività temporalesca si inasprisce; in giugno, con una media di 90 mm (prodotti essenzialmente dalla elevatissima quantità di pioggia che cade nelle situazioni temporalesche), tende a piovere il doppio di febbraio. In luglio la presenza dell’anticiclone stabilizza meglio il tempo, ma con una Valpadana sempre surriscaldata la miccia temporalesca è sempre pronta ad esplodere. Se poi manca l’anticiclone l’acquazzone è di casa quasi tutti i giorni (famosi i 264 mm in 26 giorni nel luglio 1989), spesso generato dagli addensamenti di natura termoconvettiva delle vicine montagne. Non è raro che gli acquazzoni interessino solo le zone dell’alta pianura, di collina e di montagna, lasciando la Bassa all’asciutto.

Il progressivo ritiro dell’alta pressione associato all’arrivo di masse d’aria fredda più organizzate da nord-ovest produce in agosto (media di 82 mm circa) un deciso aumento dell’attività temporalesca, spesso violentissima se preceduta da una lunga serie di giornate dal clima particolarmente caldo e opprimente.

Il rischio di forti grandinate è sempre elevatissimo e la quantità d’acqua che cade per unità di tempo è enorme. Da ricordare, a tal proposito i 38 mm caduti in 19 minuti il 28 giugno 1960, i 62 mm in meno di 60 minuti il 25 luglio 1972 (i 58 mm in un’ora nella mattina del 31 luglio 1996) e i ben 106 mm in 24 ore il 3 ottobre 1978 (da segnalare anche i 168 mm caduti nella terza decade di agosto del 1977).
La minore disponibilità di calore al suolo determina in settembre una certa diminuzione della quantità di accumulato. In ottobre si presentano però le peggiori situazioni alluvionali, favorite dell’insorgenza di depressioni sul golfo ligure impedite nel loro avanzamento verso est e tendenti semmai ad autoalimentarsi in loco. A peggiorare la situazione e ad aumentare la quantità d’acqua che si riversa nei principali bacini è lo zero termico ancora molto elevato, addirittura superiore ai 3.000 metri. Relativamente alle piogge autunnali, spiccano i 445 mm dell’ottobre 1846 e i 420 del famoso settembre 1882, un anno ben impresso nella memoria storica della città per l’ultima disastrosa alluvione dell’Adige. Alcune zone della città furono sommerse da oltre due metri d’acqua.

In generale, possiamo affermare che a Verona il comportamento dei pluviometri appare condizionato dall’andamento stagionale, ma soprattutto dal comportamento dell’anticiclone delle Azzorre e dalla depressione d’Islanda. Se durante l’estate la presenza dell’alta pressione tende a impedire l’ingresso dei fronti perturbati nel bacini del Mediterraneo, nelle altre stagioni le cose vanno spesso diversamente.

In primavera e in autunno l’arrivo di aria molto fredda (generalmente “polare marittima” su Marocco e Algeria) pilotata da uno spostamento merdiano dell’Hp delle Azzorre verso il Mare del Nord, dà vita ad imponenti e talvolta preoccupanti risposte sciroccali, in movimento dell’Africa settentrionale verso nord-est. Per la Valpadana settentrionale l’orientamento delle correnti da sud-ovest è infatti sempre foriero di situazioni di maltempo, più o meno marcato. Se poi ci si mette una depressione sul Golfo di Genova, la situazione meteo peggiora seriamente, fino a produrre accumuli di 35/40 millimetri in 24 ore.
Le forti piogge autunnali sono spesso annunciate dallo Scirocco, entrato in Valpadana attraverso la porta dell’Adriatico. Questo vento, caratterizzato da un odore particolare, penetra in tutta la pianura veneta fino al Lago di Garda e tende a spirare con un certo impeto anche al suolo (spesso con raffiche di 60/70 km all’ora). Risale sul fianco orientale della depressione e una volta incontrato lo sbarramento della barriera alpina, tutto il suo vapore viene condensato sotto forma di precipitazioni estese e persistenti, tendenti a cessare solo in corrispondenza del transito del fronte freddo.

È questa la peggior situazione meteo che possa verificarsi su Verona e sulla Valpadana a nord del Po. E non è tutto perché il movimento verso est della perturbazione è spesso bloccato dall’azione di blocco di un anticiclone che staziona sull’Europa orientale. Una situazione preoccupante, che tende anzi a prolungare la permanenza del vortice proprio sull’Italia come nel 2000, nel 1994 e nel caso delle peggiori alluvioni nel Polesine nel 1951, 1966).
Il fiume Adige (che divide in due la città) è un indicatore attendibilissimo della quantità delle piogge cadute in Trentino e in Alto Adige. Impressionanti sono a tal proposito le piene del novembre 1982, dell’ottobre (il mese della tremenda tracimazione del torrente Chiampo in località San Bonifacio), del 1993 (tra il 23 settembre e il 6 ottobre caddero 170 mm di pioggia!) e del 2000.
Per quanto riguarda invece la siccità, le cronache storiche permettono di risalire a notizie più o meno certe almeno fino al VI secolo. È interessante notare che fino alla fine del Seicento tutti gli eventi siccitosi erano spesso accompagnati da terribili invasioni di locuste.

Così si legge in una cronaca di fine Cinquecento: “nel mese di agosto venne dal levante un numero di locuste così grande, le quali per l’aere volando la figura prendevano di densissime nubi, spogliando gli alberi e la terra d’erbe d’ogni sorta”.

Altri tempi. Negli ultimi 10 anni il clima padano ha tuttavia mostrato una certa tendenza al ripetersi di importanti periodi siccitosi assoluti (senza la caduta della minima goccia di pioggia o di neve) come mai accaduto negli ultimi 50 anni, tutti concentrati nel periodo tardo invernale/primaverile. Il primo di questi è compreso tra il 3 dicembre 1988 e il 24 febbraio. Il secondo è compreso tra il 9 dicembre 1992 e il 7 marzo 1993. Ma la peggiore siccità che ha colpito Verona negli ultimi 55 anni risale alla recente primavera 1997, quando per 95 giorni non cadde goccia di pioggia.

Nella prossima e conclusiva puntata sul clima di Verona, faremo una rapida panoramica su tutti gli eventi più singolari e acuti accaduti sulla città nell’ultimo secolo, dalle bufere di vento alle nevicate, dalle grandinate alle trombe d’aria.
Autore : Alessandro Azzoni