00:00 10 Agosto 2015

Le temperature crescono ma gli incendi calano, perché?

Il caldo pare inarrestabile, e le estati sempre più lunghe e roventi; ma il numero degli incendi è in decisa diminuzione, così come la superficie interessata dal fuoco. Un paradosso, tante spiegazioni, compresi i nuovi assetti climatici.

Sembra davvero un controsenso, una contraddizione in termini e in sostanza. Ad estati sempre più calde, torride e siccitose, dovrebbe corrispondere un cospicuo e diffuso aumento del numero degli incendi e soprattutto delle superfici percorse dal fuoco.

Niente di più diverso di quanto sta accadendo, da almeno una ventina d’anni. Eppure le condizioni ci sono tutte perché il fuoco la faccia da padrone: aumento delle superfici boscate e a macchie, aumento delle aree incolte e degradate, diminuzione delle superfici agricole e irrigate, disattenzione e cattive abitudini tutt’altro che in calo, intenzioni dolose e piromani non proprio a rischio di estinzione, speculazioni sempre attive.

Alcune risposte potrebbero arrivare dalle campagne mediatiche, didattiche e di sensibilizzazione a tutti i livelli: contro il fuoco e il suo utilizzo improprio, contro la disattenzione, il rispetto dell’ambiente, la vigilanza passiva e attiva, gli interventi coordinati di Corpo Forestale, Vigili del Fuoco e Protezione Civile, l’incremento di squadre di volontari antincendio, la diffusione di mezzi e sostanze più adeguate.

Tutto ciò però non basta a rendere giustizia di una tale, decisa e costante diminuzione. Lo stesso Corpo Forestale dello Stato ha ammesso che lo scorso anno abbiamo assistito ad un calo degli incendi, principalmente grazie a una delle estati più fresche e piovose di sempre.

Solo il 2012, il 2007 e, in parte il 2003, come numero di incendi, tengono il passo con il ventennio ’80-’90. Il 2007 ha anche un alto valore di superficie percorsa dal fuoco, ma per lo più legata al grande incendio del Gargano.

In effetti si è trattato, in tutti e tre i casi, di annate abbastanza siccitose, più calde della norma (e non solo nei mesi estivi), e soprattutto decisamente ventose. Il nemico numero uno, in materia di fuoco ed incendi, non è infatti il caldo, ma il vento. Molti sono infatti anche gli incendi invernali, soprattutto a carico di conifere e macchia mediterranea; basti pensare a quello che accade talvolta in Liguria tra gennaio e febbraio.

A farla da padrone sono comunque e sempre le regioni meridionali (isole in testa) e i periodi tardo-estivi (da metà luglio agli inizi di settembre). Ma qualcosa è cambiato nei regimi climatici e negli assetti della vegetazione.

L’aumento medio delle precipitazioni, la loro estensione nei mesi primaverili e un certo ritardo nell’inizio del periodo secco, spesso intervallato da situazioni di instabilità o simil-perturbate, anche in piena estate, non depone certo a favore della diffusione di incendi, specie quelli colposi, accidentali, ovvero dovuti alla disattenzione (quasi il 30% del totale).

Difficoltà subentrano anche per chi il fuoco lo appicca di proposito (oltre il 60% dei casi), perché le condizioni ideali (lunghi periodi siccitosi, vento e aria secca) non sono frequenti come nei decenni scorsi, ’80-90 in particolare. Gli anni ’60-70 denotano una situazione molto simile a quella attuale, ma non che mancassero piromani, speculatori, specie a livello edilizio, e motivi vari per appiccare fuochi. Molto probabilmente, anche in quel periodo, le condizioni climatiche erano meno favorevoli.

In conclusione gli incendi sono in calo anche grazie ad un clima più benigno, senza però dimenticare una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica, ed interventi sempre più coordinati ed efficaci delle forze antincendio.
 

Autore : Giuseppe Tito