00:00 14 Gennaio 2013

La percezione del cambiamento climatico

In generale, un qualsiasi tipo di rischio viene percepito dal pubblico come tale, soltanto quando le sue cause e i sui effetti diventano chiaramente evidenti ed identificabili

Dal punto di vista della scienza, oramai sembra non ci siano più dubbi. Il cambiamento climatico esiste ed è pienamente in corso, e tra le possibili cause, i gas climalteranti prodotti dalle attività umane sembrano giocare decisamente un ruolo di primo piano.
Ora, ammettendo che la causa principale sia riconducibile proprio alle azioni antropiche di produzione e consumo energetico, diventa chiaro come ogni eventuale risposta ai cambiamenti climatici richieda necessariamente approcci di tipo sociale, politico e culturale, oltre che scientifico. Risulta quindi a questo punto di fondamentale importanza riuscire a capire quale sia il grado di percezione reale del fenomeno a livello sociale, visto comunque il ruolo importante, anche se non scontato, di possibile pressione politica che l’opinione pubblica può avere nei confronti dei governi locali e nazionali e quindi delle politiche ambientali.
Esistono in letteratura diversi lavori e indagini in merito che riguardano soprattutto le popolazioni anglosassoni e comunque i paesi occidentali, e pur considerando i limiti di tali dati, il quadro che ne emerge è sicuramente interessante.
Innanzitutto si capisce che la consapevolezza generale che le persone hanno circa il cambiamento climatico è cresciuta esponenzialmente negli ultimi tre decenni. Si parla di percentuali che passano da circa il 40% degli anni ottanta, a circa il 90-99% degli ultimi anni, anche se il grado di consapevolezza risulta essere direttamente proporzionale allo sviluppo socio-economico del paese in cui avviene la rilevazione.

In alcuni paesi come Pakistan, Indonesia, Nigeria, Egitto, la maggioranza degli intervistati dichiara di non avere mai sentito parlare di cambiamenti climatici; facile immaginare che questa tendenza riguardi anche tutti gli altri paesi ancora sottosviluppati o in via di sviluppo.

Consideriamo ora i dati che riguardano il livello di conoscenza del fenomeno. Meno di un quarto di americani ed inglesi intervistati per esempio, dichiarano un buon livello di comprensione. Le tematiche che generalmente vengono in mente pensando al riscaldamento globale, oltre alla crescita delle temperature, sono lo scioglimento dei ghiacci, il mutamento meteorologico, il buco dell’ozono e l’incremento dei fenomeni estremi, quali uragani, tornado, alluvioni.
Riguardo alle cause, invece, nonostante la comunità scientifica si dimostri oramai abbastanza compatta nel riconoscere come rilevante la natura antropogenica del fenomeno, la discussione rimane ancora viva nel dibattito pubblico, visto che ad esempio solo il 23% degli americani si dichiara veramente convinto della realtà del cambiamento climatico. Circa la metà degli intervistati secondo un sondaggio internazionale, inoltre, identifica erroneamente nel deterioramento dell’ozonosfera la causa principale del cambiamento del clima, mentre una ricerca inglese riporta che solo il 30% dei britannici nomina l’aumento dell’anidride carbonica tra le cause principali dell’incremento delle temperature globali.
Interessanti anche i dati che riguardano la percezione del rischio associato ai cambiamenti climatici: i risultati dimostrano come le persone si dichiarino generalmente preoccupate degli effetti dei cambiamenti climatici a livello globale, ma non per quanto riguarda gli eventuali impatti su se stessi o la propria famiglia o comunità.
Ciò che emerge da questi dati è dunque una percezione sociale del cambiamento del clima come di un problema ancora abbastanza lontano nel tempo e nello spazio, e che per questo non costituisce un pericolo imminente ben identificato per la propria dimensione personale. Inoltre, l’impatto che le singole persone percepiscono di avere sul fenomeno è estremamente limitato.
Il quadro che si viene così a delineare costituisce quindi una questione importante e problematica dal punto di vista sociale e politico, visto che gli eventuali processi di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico di cui tanto si parla, richiederebbero invece la modificazione dei comportamenti di milioni di individui.

In questo contesto, anche le scelte individuali che vengono già in alcuni casi intraprese in coerenza con i comportamenti auspicati pro-ambiente, per esempio sul fronte del risparmio energetico o delle energie rinnovabili, appaiono pertanto condotte più per interessi personali, molto spesso economici, che per reale convinzione di contribuire con le proprie azioni ad un programma concreto per la lotta al cambiamento climatico.

 
 

Autore : Fabio Vomiero