00:00 16 Settembre 2019

La caduta del FREDDO

Il freddo fa sempre più fatica a raggiungere le latitudini meridionali.

Sarà che il vortice polare non è più quel compatto blocco di gelo che agiva nell’emisfero settentrionale negli anni 60 e 70, sarà che il riscaldamento globale rende sempre più difficile per il freddo la conquista delle basse latitudini, ma quasi tutte le tinte forti del clima europeo sembrano essersi smarrite.

Le perturbazioni agiscono sempre più a latitudini settentrionali e questo penalizza notevolmente i nostri ghiacciai, così come la risalita della linea di convergenza intetropicale che tiene inchiodato l’anticiclone africano al nostro Paese molto più che in passato. Già tra gli anni 80 e 90 il cambiamento climatico è stato evidente e massiccio, l’ultimo decennio, pur tra vicende alterne e con spigolosità meno accentuate, ha ripresentato gli scenari atmosferici vissuti nel ventennio.

 

Lo scrivevo già alcuni anni fa: "stiamo vivendo un tempo nuovo, lontano da quello che si poteva leggere sui testi per pilota dell’Aeronautica anche solo all’inizio degli anni 80". Il tranquillo e protettivo anticiclone delle Azzorre è diventato l’ombra di se stesso e prigioniero delle ambizioni delle bolle calde africane o di qualche mastodontico anticiclone di matrice più prettamente europea, le saccature risultano sempre meno incisive sotto il 45°C parallelo".

Eppur piove ogni tanto mi si dirà. Si certo, perchè nonostante tutto le masse d’aria fresca inducono il Mediterraneo caldo a reagire e la nostra orografia favorisce la formazione di depressioni. Dunque alla fine in qualche modo ci salviamo ancora, ma la situazione non è affatto tranquillizzante.

Alcune ricerche indicano che sarà invece proprio l’ulteriore riduzione dei ghiacci polari e il blocco parziale della Corrente del Golfo a proporre stagioni invernali più severe in Europa, ma badate bene, solo alle alte latitudini e, molto più sporadicamente alle nostre.

E che dire del serbatoio gelido balcanico, famoso nella nostra infanzia per essere stata preda di freddi severi che talvolta, sotto la spinta delle correnti orientali, si spingevano sino a noi; arriva solo quando si verifica qualche fortunata e sempre più rara congiuntura. Che ne è stato? Che dire della crisi del Rodano, dalla cui valle scendeva un tempo generosa l’aria fredda che originava spettacolari e stretti minimi di pressione sul Mar ligure, attivando un Libeccio freddo foriero di nevicate a bassa quota anche sui versanti tirrenici?

 

Dicevamo di un vortice polare ormai lontano parente di quello che furoreggiava ai tempi della guerra fredda. Ad un suo anche modesto splittamento, cioè divisione, seguiva un’irruzione fredda anche importante su alcuni settori del Continente, ogg affinchè il freddo ci visiti in maniera seria occorre uno splittamento spettacolare, insomma servono gli straordinari e qualche volta non bastano ancora. A tal proposito sono diventati popolari tra gli appassionati i meccanismi di riscaldamento stratosferico in sede polare, che sono poi alla base di eventi estremi invernali alle latitudini più basse e ovviamente in sede troposferica.

La frequenza del Mid Winter Major Warming, così come viene definito il riscaldamento stratosferico del pieno inverno (gennaio o febbraio) è correlato al segno della QBO, cioè alla quasi biennale oscillazione dei venti stratosferici subtropicali, oltre all’intensità del ciclo solare. Episodi di StratWarming infatti risultano più frequenti durante gli anni dominati dalla positività della QBO e da una contemporanea elevata attività solare, oppure da QBO negativa e da attività solare al minimo. Le altre combinazioni tendono invece a mantenere il freddo ancorato al Polo.

C’è poi la notevole incidenza dell’indice NAO, relativo alla ripartizione pressoria tra le alte e le basse latitudini. Se questo aumenta la depressione d’Islanda si fa più profonda e Il jet stratosferico tende quindi a rafforzarsi con associata anomalia positiva nella vorticità potenziale stratosferica. La tropopausa artica sottostante tende così a sollevarsi dilatando la colonna troposferica e inducendo una diminuzione della pressione al suolo nell’area polare e in definitiva rafforzandone la circolazione ciclonica e fornendo energia al Vortice Polare (AO+).

L’influenza del fenomeno ENSO sugli episodi di Major Warming risulta invece ancora controverso e oggetto di studi di approfondimento. In definitiva anche inserendo molti altri tasselli ed indici in grado di influenzare il clima invernale delle nostre latitudini, ne emerge un quadro piuttosto sconfortante, specie alla luce del previsto ulteriore rialzo termico globale (peraltro tutto da dimostrare), che farebbe pensare ad una ulteriore mitigazione del clima europeo invernale, specie alle basse latitudini, cioè a casa nostra.

Questo non significa che, di tanto in tanto non possa raggiungerci qualche sbuffo di aria gelida, anche di notevole portata, ma questo a nostro giudizio avverrà sempre più di rado.

Autore : Alessio Grosso