00:00 9 Aprile 2015

Il clima cambia? Adattiamoci: stop alla cementificazione, costruiamo in “verticale”, spazio al verde!

L'arretramento dei ghiacciai o la loro totale fusione perchè deve necessariamente costituire il segnale che la Terra sia malata?

Nessuno sottovaluta il cambiamento del clima. Su questo punto abbiamo sensibilizzato l’opinione pubblica da anni. Si parla di repentinità del cambiamento. Sono in realtà ormai 35 anni che il clima segnala di voler voltare pagina con il passato.

Ricordiamoci però che in fondo siamo appena usciti dalla Piccola Era Glaciale e nonostante questi cambiamenti comportino per noi evidentemente un sacrificio economico per adattarcene, rientrano probabilmente in un ciclo naturale.

Repentinità eccezionale si dice: in realtà se pensiamo a cosa accadde al termine della fase di optimum climatico medievale non dovremmo stupirci più di tanto: allora la temperatura era forse di ben 2.5°C superiore ad oggi e nel giro di pochi anni si persero molti decimi di grado, cosa che invece ora nel processo opposto sta avvenendo in modo decisamente più graduale (circa 1°C) dalla fine della PEG.

L’arretramento dei ghiacciai o la loro totale fusione perchè deve necessariamente costituire il segnale che la Terra sia malata? I ghiacciai non sono la norma, così come non lo è la pioggia abbondante sul nostro Paese, anche se negli ultimi anni è piovuto davvero parecchio.

E, come ricordo spesso, il Sahara è diventato verde in un mondo più caldo, non in uno più freddo. E ancora sulla repentinità nessuno rammenta con quanta velocità durante il periodo dello Younger Dryas la corrente del Golfo si sia inceppata per il rovesciamento nell’Oceano delle acque del Lago Agassiz.

Certo: l’uomo inquina, ma com’erano le nostre città negli anni 70, qualcuno se lo ricorda vero? Avvolte in una cappa di smog impressionante, che oggi per fortuna non esiste più anche se il traffico è decisamente più congestionato di allora e la cementificazione selvaggia ci sta soffocando.

Eppure se si va a Città del Messico sembrerà di vivere nella Milano o nella Roma degli anni 70. Cosa voglio dire? Che il progresso, il miglioramento della qualità della vita portano a prenderci cura sempre di più dell’ambiente e della nostra salute, cercare la sostenibilità non è affatto sbagliato, ma per la nostra salute in primis, non per far abbassare la temperatura di mezzo grado. Il clima fa e farà sempre ciò che vuole, uomo o non uomo.

Città del Messico tra poco si adeguerà agli standard europei, e anche loro attraverso il progresso consegneranno alle nuove generazioni un ambiente meno inquinato. E come si progredisce? Innanzitutto adattandosi al cambiamento e proteggendo quel che resta del territorio.
Allora costruiamo in verticale e non in orizzontale, occupiamo meno spazio possibile, tuteliamo parchi, natura, campagna, impediamo il taglio indiscriminato degli alberi, dove possibile eliminiamo il cemento, teniamo puliti i fiumi, denunciamo chi ci butta dentro mobili e vecchi divani o li usa come discarica.

Se un marciapiede è largo 6 metri, adibiamone 3 a verde pubblico, piantiamo alberi, abbattiamo gli edifici abbandonati e fatiscenti e al loro posto diamo spazio nuovamente al verde.  

Benissimo le energie integrate, le campagne per il solare. Il futuro però difficilmente sarà l’eolico se tutti ne osteggiano l’installazione, anche il nucleare tradizionale via fissione non avrà vita facile nel nostro Paese, ma quello da fusione potrebbe avere un futuro, ma richiederà almeno ancora studi per 25 anni per arrivare ad essere una realtà. I desalinizzatori non piacciono a nessuno, per non parlare dei rigassificatori e dei termovalorizzatori.

Insomma come si vede la soluzione non è facile, nessuno sottovaluta il camhio climatico, è la gente che non vuole cambiare mentalità e le campagne catastrofiste ottengono probabilmente l’effetto contrario a quello sperato. Dobbiamo passare da un’informazione del genere ad una che ponga al centro del problema la qualità della vita dell’uomo.

Se inquini ancora creperai di cancro a 40 anni, se fumi 40 sigarette al giorno morirai entro due anni, solo così ci spaventeremo…Freniamo la nostra sete di tecnologia inutile, per concentrarci sul vero progresso. L’importante è capire innanzitutto che la coperta climatica è sempre troppo corta. In un mondo ancora più caldo paradossalmente non è detto che l’aridità aumenti, prova ne è il rinverdimento del Sahara in fasi climatiche decisamente più miti di quelle attuali.

Nei carotaggi sui ghiacciai si è infatti notato come la presenza di polvere si accompagni a fasi fredde, non a fasi calde. Quindi non sappiamo che tipo di clima attenderci nei prossimi 50 anni. Sappiamo però che potrebbe cambiare ancora, in un senso o nell’altro e abbiamo il dovere di trovarci preparati a questi cambiamenti per avere il caldo necessario d’inverno e le risorse idriche durante i periodi estivi, senza rischiare siccità drammatiche o alluvioni devastanti.

Noi come MeteoLive abbiamo sensibilizzato ormai da un decennio la popolazione ma non siamo in grado di incidere sulle istituzioni. Abbiamo strillato: non concedete più i permessi di costruire in riva al mare o su terreni franosi, facciamo manutenzione intelligente degli alvei dei fiumi, stimoliamo la produzione integrata di energia, ripensiamo a cosa coltivare in agricoltura, sovvenzioniamo pure il solare con una campagna senza precedenti, ma ripensiamo anche a come diventare indipendenti dall’estero.

La natura ci domina, sa già come difendersi, se volesse creerebbe un virus capace di distruggerci tutti in meno di un anno e con fatica fronteggiamo i terribili virus già esistenti.

Noi crediamo di aver sottomesso la natura ed è un principio sbagliato. Non abbiamo capito che una patata naturale può nuocere di più alla nostra salute che una "adattata" al nostro organismo, non tutto ciò che è stato modificato fa male, non tutto arricchisce le multinazionali.

Abbiamo denunciato su MeteoLive molte tragedie ambientali causate dall’uomo ma pensiamo a quanto è sadica la natura ad aver generato la MALARIA, il VAIOLO, il COLERA, il CANCRO. Riflettiamo anche su questo.

Autore : Alessio Grosso