00:00 29 Settembre 2016

Perchè il parafulmine è appuntito? Cos’è un arcobaleno doppio?

Quello che molti non sanno...

Perché il parafulmine è appuntito?
Come ben sappiamo la funzione dei parafulmini è quella di attirare le saette, così da deviarle e farle scaricare al suolo senza che colpiscano altri oggetti. Ma perché vengono costruiti con oggetti metallici appuntiti e non ad esempio di forma sferica? Innanzitutto la maggior parte dei metalli per loro natura sono buoni conduttori di corrente e quindi si prestano ad essere utilizzati per questo scopo. Per quanto riguarda la forma dell’oggetto va fatta una premessa: consideriamo un conduttore sul quale sia distribuita una certa carica elettrica (ad esempio il terreno nel nostro caso); se questo si mette in contatto con un altro conduttore inizialmente scarico (il parafulmine), le cariche che si trovavano sul primo si ridistribuiranno su tutta la superficie a disposizione, seguendo una legge fisica che impone una loro maggiore densità dove il raggio dell’oggetto si presenta minore, ossia dove è più appuntito. In questo modo il parafulmine viene a trovarsi estremamente carico dal punto di vista elettrostatico e quindi c’è una notevole probabilità che la scarica “guida” della saetta parta da lì, evitando guai peggiori.

Arcobaleno singolo e doppio
Gli arcobaleni sono molto frequenti dalle nostre parti e come sappiamo si mostrano sul finire dei temporali. Ma quali sono le condizioni migliori per osservarlo? Innanzitutto rispetto alla vostra posizione il sole deve trovarsi nel punto cardinale opposto a quello della precipitazione in atto: se ad esempio vedete la pioggia allontanarsi verso est, il sole deve trovarsi ad ovest. Chiaramente l’astro deve illuminare la banda precipitativa; in questo modo i raggi di luce colpiscono ogni singola gocciolina, rifrangendosi in parte all’interno di essa e scomponendosi nei sette colori dell’iride, a causa di un noto fenomeno ottico. Estendendo questo fenomeno a tutte le goccioline che generano la precipitazione, si viene a formare l’arcobaleno vero e proprio. Se l’illuminazione solare è molto intensa, i vari raggi colorati che sono all’interno della gocciolina, seppur indeboliti rispetto al fascio originario, riescono a rifrangersi anche attraverso la sua parete opposta; in questo caso allora va a formarsi un altro arcobaleno, concentrico al primo, con i colori invertiti e più debole. 

Le “isole di calore”
Molto spesso, quando si sentono per radio i bollettini meteo, ci si accorge che la temperatura letta dall’operatore  per la città in cui viviamo  difficilmente coincide con quella rilevata dal  nostro termometro. Chi ha sbagliato? Probabilmente nessuno dei due. Infatti la quasi totalità dei valori di temperatura che sono di dominio pubblico, provengono da stazioni poste ad una certa distanza dal centro cittadino, in luoghi come aeroporti o stazioni meteo. Le nostre città, infatti, si comportano come autentiche “isole di calore”e determinano quindi degli aumenti di temperatura di qualche grado rispetto alle aree circostanti. Quindi se la temperatura per una città viene presa in un luogo abbastanza distante dal centro cittadino, l’abitante si deve regolare di conseguenza, aggiungendo qualche grado in più alla temperatura letta. Ma da che cosa dipende questo aumento termico “urbano”? Da diversi fattori: maggiore presenza di cemento, minore ventilazione, inquinamento, minore irraggiamento notturno: il calore, invece di disperdersi nell’ambiente, rimane intrappolato all’interno delle vie e dei palazzi e la temperatura ne risente.

I tipi di nubi
Quante volte vi sarà capitato di osservare il cielo in una giornata nuvolosa e di scoprire da quanti tipi di nubi differenti sia popolato. In effetti tutta la gamma di nubi che noi conosciamo si può ricondurre ad un particolare tipo di processo formativo. Se in cielo prevalgono le nubi stratificate, molto probabilmente vi trovate nel “settore caldo” di una perturbazione, ovvero la parte dove l’aria calda, scorrendo sopra ad una preesistente massa fredda, genera nubi molto sviluppate in orizzontale. Il processo di formazione è simile a quando si alita su un vetro freddo e si nota la condensazione del vapore acqueo sotto forma di “appannamento”. Se invece notate in cielo la presenza di grossi ammassi nuvolosi torreggianti, vi trovate in una zona dal tempo instabile. L’instabilità atmosferica si ha quando aria caldo-umida ristagna a livello del suolo, mentre aria molto più fredda frequenta le alte quote. L’aria fredda, essendo più pesante di quella calda, tende a scendere dall’alto scalzando da terra l’aria umida e facendola condensare in grossi ammassi nuvolosi chiamati cumulonembi, forieri di piogge intense e temporali.

Le misurazioni pluviometriche
Nei tempi passati i pluviometri, che consentivano di stilare delle medie pluviometriche in posti ben precisi, erano assai pochi e collocati esclusivamente negli aeroporti e nelle stazioni di monitoraggio. Attualmente, anche grazie all’avvento del pluviometro elettronico, questi strumenti sono in dotazione all’acquisto di una qualsiasi stazione meteorologica. Ma come si misurano i quantitativi di pioggia? Se la neve viene misurata in centimetri, corrispondenti all’accumulo al suolo, per la pioggia si usano i millimetri. Un millimetro di pioggia è esattamente un litro di acqua su un metro quadrato di superficie. Quindi alla dicitura “Sono caduti 50mm di pioggia” l’osservatore profano può essere tratto in inganno dall’altezza normalmente esigua che viene riferita a questa grandezza. Quando si scopre, invece, che 50mm di pioggia sono esattamente 50 litri di acqua versati su un metro quadrato di terreno, corrispondenti grossomodo a 50 bottiglie da litro versate su un piccolo fazzoletto di terra, allora balza subito all’occhio la grande quantità di pioggia che in quel caso è caduta dal cielo.

Autore : Alessio Grosso