00:00 12 Gennaio 2002

L’anticiclone a “cuore aperto”

Le fasi anticicloniche degli ultimi vent'anni.

L’attuale anticiclone che ci fa compagnia dall’inizio dell’anno, sta maturando in molti di noi, ed anche in molti esperti, la sensazione di una sorta di invulnerabilità. L’impressione è aggravata dalla siccità che sta attanagliando alcune regioni del nord, ma anche la Sardegna e alcune aree del centro-sud. Non c’è dubbio che l’autunno molto asciutto, seguito ad un’estate per gran parte torrida, abbia accresciuto in modo esponenziale l’attesa di precipitazioni e le conseguenti delusioni per la piega pluoviometricamente tutt’altro che favorevole che sta prendendo quest’inverno.

Ma quanto durano in media gli anticicloni invernali di tipo “dinamico”, cioè presenti a tutte le quote e in grado di autoalimentarsi continuamente? Scorrendo gli annali meteo, pur nell’estrema unicità e variabilità che caratterizza ogni inverno, si scoprono alcune costanti interessanti:

>1) La durata e la forza degli anticicloni è aumentata rispetto al passato, segnatamente negli ultimi 13-14 anni: l’anticiclone sembra ormai un fedele compagno dei nostri inverni.

>2) Quando un inverno ha un’impronta anticiclonica, tende a conservarla, tanto da far apparire gli eventuali “nuovi scenari” che si profilano come intervalli, più o meno brevi, di un film dalla trama ben delineata.

>3) Questi intervalli, che coincidono con cali barometrici più o meno accentuati, quasi mai rappresentano l’inizio di un’importante e prolungata fase atlantica caratterizzata da onde termiche in successione governate dalla bassa islandese (o sue eventuali sorelle). Anzi, più spesso si tratta del passaggio di uno-due fronti, al seguito dei quali finisce per irrompere aria fredda dapprima marittima, poi continentale (con la risalita di un nuovo anticiclone atlantico verso nord).

>Ecco più in dettaglio qualche esempio raccolto dai dati degli ultimi 20 anni, quelli in cui gli anticicloni di lungo periodo si sono affermati con maggiore frequenza e robustezza.
>Ciascuno di voi può trovare riscontri, analogie o differenze con l’inverno in corso e con le sue zone.

>1982-83. Proprio 20 anni fa, nella stagione 1982-83, l’anticiclone prende consistenza il 26 dicembre 1982 e dura “franco” fino al 13 gennaio: 19 giorni. Dopo una fase caratterizzata da un regime nord-occidentale debolmente ciclonico, con scarse precipitazioni concentrate al sud ed eventi favonici al nord, l’anticiclone si riforma il 20 e si esaurisce a fine mese. Nuovi fronti nord-occidentali, questa volta, annunciano un peggioramento più in grande stile, che fra il 5 e il 12 febbraio si caratterizza con un’ampia depressione, minimo sul centro-Europa, che porta abbondanti precipitazioni, nevose fino a bassa quota, soprattutto al centro e al sud. Le temperature rimangono basse fino alla fine del mese.

>1986-87. L’anticiclone invernale è anticipato alla fine dell’autunno: dal 25 novembre al 13 dicembre 1986 (16 giorni), dominano il sole e la nebbia. Dopo una settimana di moderata variabilità, prende quota il gelo, dapprima con fenomeni limitati al sud e versante Adriatico, poi, a gennaio, con la situazione di blocco “a omega” che tutti ricordiamo.

>1987-88. Un inverno molto mite, in cui alte pressioni dinamiche si sono alternate a zonalità “piena” ma debolmente ciclonica, senza grandi fenomeni. I periodi più consistenti di “alta” vanno dal 16 al 31 dicembre (15 giorni con molta nebbia) e dall’8 al 18 gennaio (con una brevissima irruzione fredda).

>1988-89. E’ l’anno dell’anticiclone record: 77 giorni con valori medi giornalieri superiori ai 1020 hPa, dall’8 dicembre al 22 febbraio. Gli intervalli, di brevissima durata, si limitano alla prima parte e sono caratterizzati da impulsi freddi che si scaricano quasi esclusivamente al sud. Il 23 febbraio si assiste a un brusco calo barico, con valori addirittura da record in senso opposto (977 hPa). Ma per trovare vere piogge organizzate bisogna aspettare l’aprile. E’ l’inverno che tutti noi vorremmo non si ripetesse quest’anno.

>1989-90. Rispetto all’anno precedente, l’alta pressione si piazza in modo deciso sull’Italia solo il 4 gennaio, si prende una pausa dal 25 gennaio (21 giorni), per ripresentarsi dal 2 al 10 febbraio, dal 17 al 25 (con caldo record) e dal 3 al 24 marzo. Interessante l’intervallo dell’11-13 febbraio, una sorta di inverno “lampo”. Il 27 marzo una bomba fredda porta la neve sull’Appennino, ma annuncia anche un inizio primavera atlantico e piovoso, come l’anno precedente (ma quanta fatica prima di arrivarci!)

>1990-91. All’opposto dell’89, la piega che prende l’anticiclone del gennaio ’91 sarebbe per molti noi appassionati la più desiderabile. L’alta pressione s’impadronisce dell’Italia il 9 gennaio e non l’abbandona fino al 4 febbraio (27 giorni). Dal 15 gennaio si apprezza una congiunzione con l’alta dinamica russa, che fa affluire aria fredda sull’Italia, rendendo la seconda parte del mese piuttosto rigida (pur senza fenomeni importanti). Ma dal 5 febbraio la musica cambia, dapprima in quota, poi anche al suolo: inizia la fase di storico gelo+maltempo, con le abbondanti nevicate in pianura del febbraio 1991. Dopo altre dosi di anticiclone tra fine febbraio e marzo e le successive irruzioni fredde di aprile, dell’Atlantico “puro” non se ne trova traccia fino al piovoso maggio.

>1991-92. Tantissimo anticiclone (in tutto 86 giorni fra dicembre e marzo) e pochi intervalli. L’alta domina un freddo dicembre dal 2 al 17, per riprendere quota il giorno di Natale e non abbandonarci, salvo brevi pause, addirittura fino al 21 marzo. Le pause si caratterizzano tutte col freddo, salvo una breve fase leggermente piovosa intorno alla metà di febbraio. Il peggioramento più deciso dell’ultima decade di marzo si segnala ancora per le basse temperature (neve in collina), indotte da una depressione europea che ci porta la classica aria fredda dalla Francia.

>1992-93. Dopo il rigido periodo a cavallo del nuovo anno, l’anticiclone si piazza bello tosto dal 4 al 24 gennaio (21 giorni). Quando sembra ormai morente, resuscita il 30 gennaio e non molla la presa fino al 16 febbraio. Poi che ti arriva? Grande freddo asciutto (- 10° a Firenze) fino al 10 marzo.

>1996-97. Dopo tre inverni segnati da una maggiore variabilità di sapore antico, riecco spuntare i granitici anticicloni. L’alta, modellandosi in varie forme, ci fa compagnia dal 12 gennaio al 12 febbraio (32 giorni) e nuovamente dal 16 febbraio al 17 marzo (altri 30 giorni): in mezzo, poca roba. E con la primavera astronomica, lungi dal presentarsi l’Atlantico, arriva invece il freddo a ondate successive che mancava dal famoso Burian di fine dicembre ’96.

>1998-99. Un po’ come quest’anno, dicembre ’98 è governato dalle alte pressioni (7-31 dicembre, 25 giorni su 31), ma presenta caratteri di dinamismo e variabilità, soprattutto al centro-sud. Altri 11 giorni di anticiclone vero si hanno dal 15 al 25 gennaio, poi arriva il gelo, prima da est, quindi con fronti nord-occidentali nella prima decade di febbraio e poi nuovamente da est. Morale: al nord piove pochissimo anche quando la pressione cala.

>1999-00. Dal 24 novembre all’8 dicembre ’99 l’alta pressione offre un respiro financo gradito, dopo il maltempo di novembre. Segue una fase di variabilità nord-atlantica con freddo e qualche nevicata, ma l’alta riprende quota dal 30 dicembre al 16 gennaio 2000 (18 giorni). Dopo il freddo asciutto di fine gennaio, dal 31 al 14 febbraio siamo nuovamente in alta pressione, che si ripresenta dal 21 al 29 febbraio e dal 5 al 23 marzo. L’unica pausa piovosa (ma anche fredda e nevosa in collina) degna di rilievo, è quella di inizio marzo.

>2000-01. Basse pressioni atlantiche assolute protagoniste? Meno di quanto si pensi. Molti sono stati i giorni di alta pressione, anche se i periodi più lunghi si sono avuti all’inizio (28 novembre- 13 dicembre) e alla fine (10-21 febbraio).
Autore : Albedo59