00:00 17 Gennaio 2008

Struggente addio all’ultima perturbazione atlantica

Si chiuderà nelle prossime ore la ritmica costanza scandita dal regolare orologio atlantico. Le perturbazioni partorite dall'oceano si allontanano lasciando in eredità i loro preziosi apporti e in noi il nostalgico ricordo dei tempi che furono

La colazione del mattino davanti ad una finestra dietro alla quale l’alba sembra non voler arrivare. Un silenzio strano pervade l’atmosfera del primo mattino in attesa di un giorno di scuola come tanti. La curiosità mi porta a lasciare la tazza fumante appoggiata sul tavolo per avvicinarmi allo schermo di quel film che si gira senza sosta dietro ai vetri e che chiamiamo realtà.

I miei occhi di bambino, ancora stropicciati da un risveglio a metà, si spalancano di colpo e il cuore sale alto nella gola accompagnandomi in una esclamazione primordiale: “Ohhhh!”. “Tutto bianco, ma nevica!”. Una potente scarica di adrenalina mi pervade e la giornata prende subito tutta un’altra piega. Fu in quei momenti che nacque in me la passione per il tempo, quella sete di sapere il perchè, da dove arrivava quel fenomeno cosi sublime e tanto grande ma nello stesso tempo cosi umile da farsi calpestare perfino sotto i piedi.

Dall’ingenua visuale di un bambino le grandi perturbazioni atlantiche erano giganti carichi di suggestione. Grazie a loro molti di noi hanno assaporato le emozioni di una nevicata, di una settimana intera di pioggia battente, hanno contemplato la furia delle onde o l’immane potenza di un temporale.

E loro arrivavano, una dopo l’altra. Si inseguivano come i cavalloni nel mare e abbracciavano le nostre città, le nostre montagne, scandivano i nostri giorni con un soffuso abbraccio plumbeo che giocava con le sue molteplici ombre, divertendosi a dipingere il mondo sotto prospettive discrete e sempre diverse.

Ora sono tornate a farci visita e hanno inebriato le nostre terre con il loro pesante e prezioso fardello d’acqua e di neve mentre le nostre montagne hanno rivissuto i fasti bianchi di un tempo. Hanno scandito ancora una volta lo scorrere del tempo assicurando con la loro benevola generosità il prosieguo della vita, del benessere e della fertilità del nostro Paese che a loro deve molto.

Hanno sovvertito di sana pianta gli striduli latrati delle cassandre dello sfacelo che invocavano il deserto, rimettendo la parola ai semplici ammiratori del cielo, di chi ha sempre creduto nel magico e inarrivabile equilibrio sul quale vaga senza sosta mera e fiera la Natura.

Ora se ne vanno. Giunge l’ora dell’addio e anche se sarà un arrivederci il saluto all’ultima delle perturbazioni mi riempie di nostalgia, proprio come quando da bambino vedevo il cielo occidentale dipingersi di quella struggente lingua arancione che mi faceva capire tutto.

Non rimane che la preziosa eredità del cuore entro la quale si alimenta il fiume dei ricordi celati con discrezione e pudore. Ma l’eredità rimane anche lassù tra quelle cime bianche che durano nei turbini custodendo la gloria di un passato che non può ritornare. A presto cara perturbazione atlantica.
Autore : Luca Angelini