Global Warming: una realtà accertata, quanto sappiamo su effetti e conseguenze?

Discussioni meteorologiche sul tempo previsto nei prossimi giorni ma anche climatologia e discussioni sui run dei vari modelli: è la stanza principale, quella più affollata e seguita.

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freddopungente
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Messaggio da freddopungente »

iniestas ha scritto:
freddopungente ha scritto:
AGW2019 ha scritto:ancora c'è discussione su gw o agw? :D

quali altre prove servono per considerare preponderante la componente antropica in tutto ciò?
ciao AGW,purtroppo si chiudono gli occhi davanti ai dati cosi che il dibattito risulta sterile, non capisco infatti per quale motivo questo td sia ancora aperto dopo tutti gli interventi fatti con dati alla mano e le riposte insulse dell'autore
ribadisco un concetto
se prima non ti togli di dosso presunzione e maleducazione avoja a parlare di meteo, forse ti converrebbe tornare sui banchi, ma non quelli di fisica dell'atmosfera, riparti dall'asilo

mi scuso con la moderazione, ma è intollerabile che non si intervenga di fronte a certi linguaggi
tu non credi alla scienza, io non credo alle tue parole in risposta ai dati e le valuto insulse, se ti offendi offri da bere avvocato :lol:
iniestas
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Messaggio da iniestas »

freddopungente ha scritto:
iniestas ha scritto:
freddopungente ha scritto: ciao AGW,purtroppo si chiudono gli occhi davanti ai dati cosi che il dibattito risulta sterile, non capisco infatti per quale motivo questo td sia ancora aperto dopo tutti gli interventi fatti con dati alla mano e le riposte insulse dell'autore
ribadisco un concetto
se prima non ti togli di dosso presunzione e maleducazione avoja a parlare di meteo, forse ti converrebbe tornare sui banchi, ma non quelli di fisica dell'atmosfera, riparti dall'asilo

mi scuso con la moderazione, ma è intollerabile che non si intervenga di fronte a certi linguaggi
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parli della scienza come se fosse una fede
le mie parole rappresentano semplicemente il mio pensiero, non una lezione
sei libero di farne l'uso che vuoi.

quello che dovresti imparare è il rispetto delle idee altrui e accettare una dialettica senza cadere nell'insulto e nell'arroganza

fossi in te più delle sorti del pianeta nei prossimi anni mi occuperei di questo.
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Messaggio da Gilo »

iniestas ha scritto:
freddopungente ha scritto:
iniestas ha scritto: ribadisco un concetto
se prima non ti togli di dosso presunzione e maleducazione avoja a parlare di meteo, forse ti converrebbe tornare sui banchi, ma non quelli di fisica dell'atmosfera, riparti dall'asilo

mi scuso con la moderazione, ma è intollerabile che non si intervenga di fronte a certi linguaggi
tu non credi alla scienza, io non credo alle tue parole in risposta ai dati e le valuto insulse, se ti offendi offri da bere avvocato :lol:
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Penso che di fronte alla scienza ci sia poco da avere idee o pensieri. Sono dati inconfutabili
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Messaggio da freddopungente »

Gilo ha scritto:
iniestas ha scritto:
freddopungente ha scritto: tu non credi alla scienza, io non credo alle tue parole in risposta ai dati e le valuto insulse, se ti offendi offri da bere avvocato :lol:
parli della scienza come se fosse una fede
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Penso che di fronte alla scienza ci sia poco da avere idee o pensieri. Sono dati inconfutabili
mi sento tipo donchisciotte ma anche per me la dialettica non è un problema e di tempo ne ho molto 8)
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Messaggio da iniestas »

Gilo ha scritto:
iniestas ha scritto:
freddopungente ha scritto: tu non credi alla scienza, io non credo alle tue parole in risposta ai dati e le valuto insulse, se ti offendi offri da bere avvocato :lol:
parli della scienza come se fosse una fede
le mie parole rappresentano semplicemente il mio pensiero, non una lezione
sei libero di farne l'uso che vuoi.

quello che dovresti imparare è il rispetto delle idee altrui e accettare una dialettica senza cadere nell'insulto e nell'arroganza

fossi in te più delle sorti del pianeta nei prossimi anni mi occuperei di questo.
Penso che di fronte alla scienza ci sia poco da avere idee o pensieri. Sono dati inconfutabili
dipende
se parli di aumento medio della temperatura globale

se parli di riferibilità all'uomo di ogni evento stremo climatico NO

d'altronde anche un bambino capirebbe che se gli eventi estremi ci sono sempre stati essi non possono essere unicamente o esclusivamente dipendenti dall'attività umana e dalle emissioni

circa la maggiore frequenza sono pronto a discuterne, ma senza certezze perché il clima ha una storia di molti anni e 30 anni di fronte a centinaia o migliaia di anni sono ancora troppo pochi

che poi il pianeta sia più caldo oggi con 10 miliardi di abitanti che 3mila anni fa con che ne so 5 milioni ( metto numeri a caso) mi pare ovvio e d'altronde lo sviluppo umano non sarebbe stato possibile senza una evoluzione climatica verso il caldo
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the hurricane
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Messaggio da the hurricane »

sugli incendi in Australia segnalo questa approfondita analisi dell'WMO

https://public.wmo.int/en/media/news/au ... lzUbfi4kGI

dove viene messa anche in luce il legame tra il rischio di incendi con il cambiamento climatico in atto.

In modo particolare, per l'Australia è stato verificato l'allungarsi della stagione degli incendi in relazione all'aumento di temperatura osservato e alla diminuzione di precipitazioni.

Poi, ovviamente alla situazione australiana hanno inciso anche i piromani (circa 200 persone arrestate) e l'imprudenza delle persone, tuttavia è importante sottolineare che l'accaduto è avvenuto in relazione a condizioni meteorologiche estreme.

https://ane4bf-datap1.s3-eu-west-1.amaz ... EvJXPHQQ6g
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luca90
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Messaggio da luca90 »

the hurricane ha scritto:sugli incendi in Australia segnalo questa approfondita analisi dell'WMO

https://public.wmo.int/en/media/news/au ... lzUbfi4kGI

dove viene messa anche in luce il legame tra il rischio di incendi con il cambiamento climatico in atto.

In modo particolare, per l'Australia è stato verificato l'allungarsi della stagione degli incendi in relazione all'aumento di temperatura osservato e alla diminuzione di precipitazioni.

Poi, ovviamente alla situazione australiana hanno inciso anche i piromani (circa 200 persone arrestate) e l'imprudenza delle persone, tuttavia è importante sottolineare che l'accaduto è avvenuto in relazione a condizioni meteorologiche estreme.

https://ane4bf-datap1.s3-eu-west-1.amaz ... EvJXPHQQ6g
Ottimo l’articolo del WMO. Siamo di fronte ad una apocalisse. I dati sono spaventosi, praticamente circa 10 milioni di ettari andati in fumo. C’è anche l’ordine di abbattimento di migliaia di esemplari di cammelli che potrebbero compromettere l'approvvigionamento delle acque nei confronti di altri animali in difficoltà. Situazione drammatica.
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the hurricane
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Messaggio da the hurricane »

Sempre sugli incendi in Australia e il legame con i cambiamenti climatici, riporto l'analisi del prof Vacchiano dell'Università degli studi di Milano (che lavora nel mio stesso dipartimento di ricerca)
Cosa dice la scienza sugli incendi in Australia?
Dieci punti spiegati da un ricercatore forestale (me).

1) Quanto territorio è in fiamme?
Gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland - una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia combinati, e pari ai quattro quinti di tutte le foreste italiane. In sole quattro annate negli ultimi 50 anni la superficie bruciata in NSW ha superato un milione di ettari, e oggi ha quasi raggiunto il doppio della seconda annata più drammatica (il 1974 con 3.5 milioni di ettari percorsi). Un altro aspetto inedito è la simultaneità dei fuochi su territori enormi, che che di solito si alternano nell'essere soggetti a incendi. E non siamo che all'inizio dell'estate (le stagioni in Australia sono spostate di sei mesi rispetto alle nostre, quindi ora è come se fosse l'inizio di luglio), perciò queste cifre saliranno ancora, potenzialmente fino a 15 milioni di ettari percorsi dal fuoco. L'Australia è grande 769 milioni di ettari, quindi non possiamo dire che stia "bruciando un continente". Inoltre, nelle savane del centro-nord bruciano in media 38 milioni di ettari di praterie (il 20% del totale) ogni anno nella stagione secca, che in quella parte di Paese è aprile-novembre. Ma si tratta di un ecosistema completamente diverso da quello che ora è in fiamme.

2) Quale vegetazione sta bruciando?
Si tratta soprattutto di foreste di eucalipto e del "bush", una savana semi arida con alberi bassi, fitti o sparsi, fatta soprattutto di erbe e arbusti e simile alla macchia mediterranea. Si tratta di una vegetazione che è nata per bruciare: il clima dell'Australia centrale è stato molto arido negli ultimi 100 milioni di anni (da quando l'Australia ha compiuto il suo viaggio dall'Antartide alla posizione che occupa attualmente), e gli incendi causati dai fulmini sono stati così frequenti da costringere le piante a evolversi per superarli nel migliore dei modi: lasciarsi bruciare! Il fuoco infatti, se da un lato distrugge la vegetazione esistente, dall'altro apre nuovi spazi perché le piante si possano riprodurre e rinnovare. Molte specie del bush contengono oli e resine molto infiammabili, in modo da bruciare per bene e con fiamme molto intense quando arriva il fuoco. Poiché i semi di queste specie sono quasi completamente impermeabili al fuoco, questo stratagemma è l'unico modo per "battere" la vegetazione concorrente e riprodursi con successo sfruttando le condizioni ambientali avverse a proprio vantaggio. Tuttavia, questa volta le condizioni di siccità sono così estreme che sono in fiamme anche ecosistemi forestali tradizionalmente più umidi e raramente interessati dal fuoco.

3) Cosa ha causato le accensioni?
In AUstralia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall'uomo per cause sia colpose che dolose (in Italia invece il 95% è di cause antropiche, prevalentemente colpose). Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane (con la possibile eccezione degli incidenti alle linee elettriche, che sono state responsabili anche dei devastanti incendi in California del 2017 e 2019). Secondo Ross Bradstock, dell'Università di Wollongong, un singolo incendio causato da fulmine (il Gospers Mountain Fire) ha già percorso da ottobre a oggi oltre 500 000 ettari di bush, e potrebbe essere il più grande incendio mai registrato nel mondo in tempi storici.
Stanno circolando notizie relative all'arresto di presunti incendiari. In parte sono state dimostrate essere notizie false diffuse per negare il problema del clima (https://www.theguardian.com/australia-n ... OBwdz-Tv2U). Inoltre non si tratta di piromani, in inglese la definizione di Arson include sia il dolo che la colpa. Tuttavia è evidente che qui il problema non è cosa accende la fiamma, ma cosa la fa propagare una volta accesa - sono due fasi diverae e ben distinte.

4) Cosa sta causando il propagarsi delle fiamme?
Il 2019 è stato in Australia l'anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900 a oggi. Nell'ultimo anno le temperature medie sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media 1961-1990, le massime oltre 2 °C in più, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente. Un'ondata d calore terrestre e marina ha fatto registrare nel Paese temperature record a dicembre (42 °C di media nazionale, con punte di 49), mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l'aria è calda e secca, la vegetazione evapora rapidamente acqua e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo proprio come in un caminetto, i "pezzi" piccoli sono quelli che fanno accendere il fuoco, e quelli grandi sono quelli che bruciano per più tempo. I combustibili forestali vengono infatti classificati come "combustibili da un'ora", "da dieci ore", "da cento" o "da mille ore" a seconda della loro dimensione e di quanto a lungo possono sostenere una combustione. Quello che diffonde le fiamme, invece, è il vento, che spinge l'aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano infatti in giornate molto ventose. Incendi molto grandi e intensi sono addirittura in grado di crearsi il vento da soli: l'aria calda sale così rapidamente da lasciare un "vuoto": per riempirlo, accorre violentemente altra aria dalle zone circostanti. Il risultato è una firestorm, il "vento di fuoco", con il quale l'incendio si auto-sostiene fino all'esaurimento del combustibile disponibile.

5) Come mai gli incendi non si riescono a spegnere?
Per estinguere un incendio è necessario eliminare il combustibile. L'acqua e il ritardante lanciati dai mezzi aerei possono solo rallentare la combustione (raffreddando il combustibile o ritardando chimicamente la reazione di combustione), ma per eliminare il combustibile servono le squadre di terra. Incendi di chioma intensi come quelli che si stanno sviluppando in Australia possono generare fiamme alte decine metri, procedere a velocità superiori a dieci chilometri orari (la velocità di corsa di un uomo medio) e produrre un'energia di centomila watt per metro lineare di fronte. Le squadre di terra non possono operare in sicurezza già con intensità di 4000 kW per metro (25 volte inferiore a quella degli incendi più intensi).

6) Quali sono gli effetti degli incendi?
Il bush Australiano è un ambiente che desidera bruciare con tutte le sue forze, e bruciando migliora il suo stato di salute e la sua biodiversità - con i suoi tempi, rigenerandosi nel corso di anni o decenni. Anche gli animali conoscono il pericolo e molti sanno rispondere: la stima di mezzo miliardo di animali coinvolti (o addirittura un miliardo) rilanciata dai media è una stima grossolana e un po' allarmista, che considera ad esempio anche gli uccelli - che ovviamente possono volare e allontanarsi dall'area (https://www.bbc.com/news/50986293) - con l'importante esclusione dei piccoli e delle uova. Gli animali più piccoli e meno mobili (koala, ma anche anfibi, micromammiferi e rettili) possono effettivamente non riuscire a fuggire, e questi habitat saranno radicalmente modificati per molti anni a venire - molti animali on troveranno più condizioni idonee. Altri, in compenso, ne troveranno addirittura di migliori. E' un fenomeno noto in Australia quello per cui alcuni falchi sono in grado di trasportare rametti ardenti per propagare attivamente gli incendi su nuove aree, liberando così la visuale su nuovi territori di caccia (https://bioone.org/journals/journal-of- ... HtBa0bCaFQ). Gli incendi invece possono creare forti minacce alle specie rare di piante (come il Pino di Wollemi: https://www.abc.net.au/radio/programs/p ... jlWVyevIeU) e sono soprattutto molto problematici per l'uomo: già 25 vittime per un totale di 800 morti dal 1967 a oggi, il fumo che rende l'aria pericolosa da respirare, proprietà e attività distrutte per miliardi di dollari di danni. In più, gli incendi creano erosione, aumentano il rischio idrogeologico e rischiano di rendere a loro volta ancora più grave la crisi climatica sia a livello globale, contribuendo all'aumento della CO2 atmosferica (306 milioni di tonnellate emesse finora secondo la NASA, quasi pari alle emissioni di tutto il Paese nel 2018), che locale, depositando i loro residui sui ghiacciai neozelandesi che, resi così più scuri, rischiano di fondersi con maggiore rapidità.

7) Cosa c'entra il cambiamento climatico?
La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori. Normalmente il primo anello della catena è El Nino, un riscaldamento periodico del Pacifico meridionale che causa grandi cambiamenti nella meteorologia della Terra, ma quest'anno El Nino non è attivo. Si è invece verificato con una intensità senza precedenti un altro fenomeno climatico, il Dipolo dell'Oceano Indiano (IOD) - una configurazione che porta aria umida sulle coste Africane e aria secca su quelle Australiane. E' dimostrato che il riscaldamento globale può triplicare la frequenza di eventi estremi nell'IOD (https://www.nature.com/articles/nature13327.epdf). A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona Antartica, anch'esso straordinario, per cause "naturali", che ha portato ulteriore aria calda e secca sull'Australia. Il terzo fenomeno è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali (o anti-alisei), i venti che soffiano costantemente da ovest a est tra 30 e 60 gradi di latitudine sui mari dei due emisferi terrestri. Lo spostamento verso nord degli anti-alisei (Southern Annular Mode) porta aria secca e calda sull'Australia, e sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po', dal buco dell'ozono (https://www.nature.com/articles/ngeo1296). Il cambiamento climatico quindi c'entra eccome, sia nella sua azione diretta (l'aria Australiana si è riscaldata mediamente di almeno un grado nell'ultimo secolo) sia indirettamente attraverso le sue influenze sulle grandi strutture meteorologiche dell'emisfero sud.

8) Cosa c'entra la politica australiana?
Molte critiche si sono concentrate sul governo Australiano, responsabile di non impegnarsi abbastanza per raggiungere i già modesti impegni (riduzione delle emissioni del 28% dal 2005 al 2030) che il Paese aveva contratto volontariamente agli accordi a Parigi. Il problema principale è che l'economia dell'Australia è fortemente basata sull'estrazione e l'esportazione di carbone (soprattutto verso Giappone - 40% dell'export -, Cina e India), un combustibile fossile la cui estrazione non è compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di Parigi per contenere il riscaldamento della Terra al di sotto di 1.5 °C rispetto all'epoca preindustriale. L'industria del carbone impiega quasi 40 000 lavoratori australiani ed è fortemente sussidiata dal governo. L'attuale governo conservatore, come in altre parti del mondo, è tendenzialmente restio a decarbonizzare l'economia nazionale. Tuttavia non occorre confondersi:ogni nazione è connessa a ogni altra. Gli incendi in Australia non sono solo responsabilità del PM Morrison o di chi l'ha eletto, ma di tutte le attività che nel mondo continuano a contribuire all'aumento della CO2 atmosferica - produzione e consumo di energia (30%), trasporti (25%), agricoltura e allevamento (20%), riscaldamento e raffrescamento domestico (15%) e deforestazione (10%) - tutte cose di cui sei responsabile anche tu che leggi, e anche io che scrivo (sì, anche la deforestazione tropicale).

9) Si poteva prevedere o evitare?
Tutti gli ultimi report dell'IPCC, delle istituzioni di ricerca australiane sull'ambiente, edello stesso governo, concordano nel segnalare un aumento del pericolo incendi in Australia a causa del cambiamento climatico, con grado di probabilità "virtualmente certo". Anche l'arrivo di configurazioni meteorologiche di grande pericolosità è monitorato e conosciuto con un buon anticipo. Gli allarmi sono stati diramati e le evacuazioni correttamente effettuate, a quanto mi è dato di sapere. Ma la sfida dei servizi di lotta agli incendi, valida anche in Italia, è come mantenere operativo un sistema che ha bisogno di attivarsi su vastissima scala solo una volta ogni decennio. L'altro strumento per evitare gli incendi è la prevenzione, che viene svolta su grandi estensioni con la tecnica del "fuoco prescritto", che elimina il combustibile utilizzando una fiamma bassa e scientificamente progettata (un tipo di intervento approvato anche da molti ecologisti australiani, e praticato da quarantamila anni dalle popolazioni aborigene). Nel 2018-2019 sono stati soggetti a questo trattamento 140 000 ettari di territorio, la cui applicazione è però severamente limitata dalla mancanza di fondi e, sempre lui, dal cambiamento climatico, che riduce il numero di giorni con condizioni meteorologiche idonee ad effettuarlo. C'è da dire che l'intensità della siccità e degli incendi in corso avrebbe messo probabilmente in difficoltà anche i servizi e le comunità più preparate.

10) Cosa possiamo fare?
Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l'impronta del climate change e delle nostre produzioni e (soprattutto) dei nostri consumi in quello che sta succedendo. Il problema più grande che abbiamo è questo. I koala sono colpiti duramente, ma domani toccherà ancora ad altri animali, altri ecosistemi... altri uomini. E forse anche a noi.
Per chi vive a contatto con un bosco, informarsi sul pericolo di incendio e sulle pratiche di autoprotezione necessarie a minimizzare il rischio alla vostra proprietà: gli incendi colpiranno di nuovo anche in Italia, con sempre più intensità, e possibilmente in luoghi in cui non ve li aspettereste. Sapersi proteggere è estremamente importante.
MarMediterraneo
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Messaggio da MarMediterraneo »

Quello di cui ho parlato in questo TD qualche pagina fa
https://www.meteolive.it/news/In-primo- ... ano/83682/
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Salento92
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Messaggio da Salento92 »

grande articolo come sempre Alessio Grosso

"Ci sono stati peraltro annate peggiori di questa, senza un filo di neve sulle Alpi, senza una goccia d'acqua, con nebbie che impestavano l'aria per giorni e giorni; insomma dal 1980 ad oggi non tutto è peggiorato. Alla fine degli anni 90, sembrava non dovesse più nevicare in pianura proprio come ora, la prima decade degli anni 2000 è stata invece diversa, ma tutti anche di quegli anni ricordano solo le annate peggiori come ad esempio il 2007-2008.

Il freddo al Polo in realtà c'è, non più come alla fine della Peg, cioè nel 1880, ma c'è, sono i meccanismi inceppati e la presenza di figure bariche anomale che non lo veicolano quasi MAI verso le nostre latitudini. Anche se lo facessero però, se ad esempio passassimo un mese sotto frequenti nevicate che bloccano la circolazione e gelate fanno andare in blocco le caldaie o scoppiare i tubi dell'acqua, sentiremmo dire che è colpa del global warming, che fa aumentare gli eventi estremi. Dunque non se ne esce.

I giornali devono vendere, fare notizia, alimentare il fuoco delle polemiche."

https://www.meteolive.it/news/Editorial ... it-/83712/
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Messaggio da occhiobarico »

Salento92 ha scritto:grande articolo come sempre Alessio Grosso

"Ci sono stati peraltro annate peggiori di questa, senza un filo di neve sulle Alpi, senza una goccia d'acqua, con nebbie che impestavano l'aria per giorni e giorni; insomma dal 1980 ad oggi non tutto è peggiorato. Alla fine degli anni 90, sembrava non dovesse più nevicare in pianura proprio come ora, la prima decade degli anni 2000 è stata invece diversa, ma tutti anche di quegli anni ricordano solo le annate peggiori come ad esempio il 2007-2008.

Il freddo al Polo in realtà c'è, non più come alla fine della Peg, cioè nel 1880, ma c'è, sono i meccanismi inceppati e la presenza di figure bariche anomale che non lo veicolano quasi MAI verso le nostre latitudini. Anche se lo facessero però, se ad esempio passassimo un mese sotto frequenti nevicate che bloccano la circolazione e gelate fanno andare in blocco le caldaie o scoppiare i tubi dell'acqua, sentiremmo dire che è colpa del global warming, che fa aumentare gli eventi estremi. Dunque non se ne esce.

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Messaggio da iniestas »

Salento92 ha scritto:grande articolo come sempre Alessio Grosso

"Ci sono stati peraltro annate peggiori di questa, senza un filo di neve sulle Alpi, senza una goccia d'acqua, con nebbie che impestavano l'aria per giorni e giorni; insomma dal 1980 ad oggi non tutto è peggiorato. Alla fine degli anni 90, sembrava non dovesse più nevicare in pianura proprio come ora, la prima decade degli anni 2000 è stata invece diversa, ma tutti anche di quegli anni ricordano solo le annate peggiori come ad esempio il 2007-2008.

Il freddo al Polo in realtà c'è, non più come alla fine della Peg, cioè nel 1880, ma c'è, sono i meccanismi inceppati e la presenza di figure bariche anomale che non lo veicolano quasi MAI verso le nostre latitudini. Anche se lo facessero però, se ad esempio passassimo un mese sotto frequenti nevicate che bloccano la circolazione e gelate fanno andare in blocco le caldaie o scoppiare i tubi dell'acqua, sentiremmo dire che è colpa del global warming, che fa aumentare gli eventi estremi. Dunque non se ne esce.

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Messaggio da Salento92 »

iniestas ha scritto:
Salento92 ha scritto:grande articolo come sempre Alessio Grosso

"Ci sono stati peraltro annate peggiori di questa, senza un filo di neve sulle Alpi, senza una goccia d'acqua, con nebbie che impestavano l'aria per giorni e giorni; insomma dal 1980 ad oggi non tutto è peggiorato. Alla fine degli anni 90, sembrava non dovesse più nevicare in pianura proprio come ora, la prima decade degli anni 2000 è stata invece diversa, ma tutti anche di quegli anni ricordano solo le annate peggiori come ad esempio il 2007-2008.

Il freddo al Polo in realtà c'è, non più come alla fine della Peg, cioè nel 1880, ma c'è, sono i meccanismi inceppati e la presenza di figure bariche anomale che non lo veicolano quasi MAI verso le nostre latitudini. Anche se lo facessero però, se ad esempio passassimo un mese sotto frequenti nevicate che bloccano la circolazione e gelate fanno andare in blocco le caldaie o scoppiare i tubi dell'acqua, sentiremmo dire che è colpa del global warming, che fa aumentare gli eventi estremi. Dunque non se ne esce.

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Messaggio da Tein80 »

iniestas ha scritto:
Salento92 ha scritto:grande articolo come sempre Alessio Grosso

"Ci sono stati peraltro annate peggiori di questa, senza un filo di neve sulle Alpi, senza una goccia d'acqua, con nebbie che impestavano l'aria per giorni e giorni; insomma dal 1980 ad oggi non tutto è peggiorato. Alla fine degli anni 90, sembrava non dovesse più nevicare in pianura proprio come ora, la prima decade degli anni 2000 è stata invece diversa, ma tutti anche di quegli anni ricordano solo le annate peggiori come ad esempio il 2007-2008.

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oltretutto davvero ...non se nesce..

tra un po' diranno che se beviamo una tazzina di caffè in più contribuiamo al cambiamento climatico...

Sai qual è il problema? E' proprio l'articolo che hai citato, ovvero che per smontare la tesi dell'AGW, si cerca di dimostrare che in realtà il GW non c'è o è molto meno di quanto sia. E per come la vedo io, significa non avere altri argomenti da utilizzare.
Ti cito la frase "Il freddo al Polo in realtà c'è, non più come alla fine della Peg, cioè nel 1880, ma c'è": quando ho letto questo, la prima cosa che mi viene in mente è: ma perché citare la peg, quando si sta facendo un confronto con gli anni 80/90, perché non portare le anomalie termiche di quei famigerati anni confrontati con quelle di oggi? La risposta è probabilmente impietosa, perché le temperature di oggi farebbero impallidire anche quegli anni purtroppo. Certo che il freddo al polo c'è, ma se il termine di paragone sono le nostre temperature allora possiamo dire che ci sarà sempre, tanto avere -40 o -35 sempre freddo è no?
Peccato che avere 5°C in più al polo (visto che stiamo parlando di anomalie di questo ordine di grandezza o sbaglio?) ha una serie di conseguenze importanti sul clima delle nostre latitudini, visto che il freddo sta facendo sempre più fatica a penetrare verso sud proprio perché ce n'è di meno e questo come conseguenza rende il tempo molto meno dinamico, in particolare in inverno, ma anche in altre stagioni dell'anno, visto che si susseguono situazioni statiche in vari periodi dell'anno (e con situazioni statiche non intendo solo hp, ma periodi più o meno lunghi in cui si sussegue sempre lo stesso tipo di tempo).
leo55
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Messaggio da leo55 »

the hurricane ha scritto:Sempre sugli incendi in Australia e il legame con i cambiamenti climatici, riporto l'analisi del prof Vacchiano dell'Università degli studi di Milano (che lavora nel mio stesso dipartimento di ricerca)
Cosa dice la scienza sugli incendi in Australia?
Dieci punti spiegati da un ricercatore forestale (me).

1) Quanto territorio è in fiamme?
Gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland - una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia combinati, e pari ai quattro quinti di tutte le foreste italiane. In sole quattro annate negli ultimi 50 anni la superficie bruciata in NSW ha superato un milione di ettari, e oggi ha quasi raggiunto il doppio della seconda annata più drammatica (il 1974 con 3.5 milioni di ettari percorsi). Un altro aspetto inedito è la simultaneità dei fuochi su territori enormi, che che di solito si alternano nell'essere soggetti a incendi. E non siamo che all'inizio dell'estate (le stagioni in Australia sono spostate di sei mesi rispetto alle nostre, quindi ora è come se fosse l'inizio di luglio), perciò queste cifre saliranno ancora, potenzialmente fino a 15 milioni di ettari percorsi dal fuoco. L'Australia è grande 769 milioni di ettari, quindi non possiamo dire che stia "bruciando un continente". Inoltre, nelle savane del centro-nord bruciano in media 38 milioni di ettari di praterie (il 20% del totale) ogni anno nella stagione secca, che in quella parte di Paese è aprile-novembre. Ma si tratta di un ecosistema completamente diverso da quello che ora è in fiamme.

2) Quale vegetazione sta bruciando?
Si tratta soprattutto di foreste di eucalipto e del "bush", una savana semi arida con alberi bassi, fitti o sparsi, fatta soprattutto di erbe e arbusti e simile alla macchia mediterranea. Si tratta di una vegetazione che è nata per bruciare: il clima dell'Australia centrale è stato molto arido negli ultimi 100 milioni di anni (da quando l'Australia ha compiuto il suo viaggio dall'Antartide alla posizione che occupa attualmente), e gli incendi causati dai fulmini sono stati così frequenti da costringere le piante a evolversi per superarli nel migliore dei modi: lasciarsi bruciare! Il fuoco infatti, se da un lato distrugge la vegetazione esistente, dall'altro apre nuovi spazi perché le piante si possano riprodurre e rinnovare. Molte specie del bush contengono oli e resine molto infiammabili, in modo da bruciare per bene e con fiamme molto intense quando arriva il fuoco. Poiché i semi di queste specie sono quasi completamente impermeabili al fuoco, questo stratagemma è l'unico modo per "battere" la vegetazione concorrente e riprodursi con successo sfruttando le condizioni ambientali avverse a proprio vantaggio. Tuttavia, questa volta le condizioni di siccità sono così estreme che sono in fiamme anche ecosistemi forestali tradizionalmente più umidi e raramente interessati dal fuoco.

3) Cosa ha causato le accensioni?
In AUstralia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall'uomo per cause sia colpose che dolose (in Italia invece il 95% è di cause antropiche, prevalentemente colpose). Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane (con la possibile eccezione degli incidenti alle linee elettriche, che sono state responsabili anche dei devastanti incendi in California del 2017 e 2019). Secondo Ross Bradstock, dell'Università di Wollongong, un singolo incendio causato da fulmine (il Gospers Mountain Fire) ha già percorso da ottobre a oggi oltre 500 000 ettari di bush, e potrebbe essere il più grande incendio mai registrato nel mondo in tempi storici.
Stanno circolando notizie relative all'arresto di presunti incendiari. In parte sono state dimostrate essere notizie false diffuse per negare il problema del clima (https://www.theguardian.com/australia-n ... OBwdz-Tv2U). Inoltre non si tratta di piromani, in inglese la definizione di Arson include sia il dolo che la colpa. Tuttavia è evidente che qui il problema non è cosa accende la fiamma, ma cosa la fa propagare una volta accesa - sono due fasi diverae e ben distinte.

4) Cosa sta causando il propagarsi delle fiamme?
Il 2019 è stato in Australia l'anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900 a oggi. Nell'ultimo anno le temperature medie sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media 1961-1990, le massime oltre 2 °C in più, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente. Un'ondata d calore terrestre e marina ha fatto registrare nel Paese temperature record a dicembre (42 °C di media nazionale, con punte di 49), mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l'aria è calda e secca, la vegetazione evapora rapidamente acqua e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo proprio come in un caminetto, i "pezzi" piccoli sono quelli che fanno accendere il fuoco, e quelli grandi sono quelli che bruciano per più tempo. I combustibili forestali vengono infatti classificati come "combustibili da un'ora", "da dieci ore", "da cento" o "da mille ore" a seconda della loro dimensione e di quanto a lungo possono sostenere una combustione. Quello che diffonde le fiamme, invece, è il vento, che spinge l'aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano infatti in giornate molto ventose. Incendi molto grandi e intensi sono addirittura in grado di crearsi il vento da soli: l'aria calda sale così rapidamente da lasciare un "vuoto": per riempirlo, accorre violentemente altra aria dalle zone circostanti. Il risultato è una firestorm, il "vento di fuoco", con il quale l'incendio si auto-sostiene fino all'esaurimento del combustibile disponibile.

5) Come mai gli incendi non si riescono a spegnere?
Per estinguere un incendio è necessario eliminare il combustibile. L'acqua e il ritardante lanciati dai mezzi aerei possono solo rallentare la combustione (raffreddando il combustibile o ritardando chimicamente la reazione di combustione), ma per eliminare il combustibile servono le squadre di terra. Incendi di chioma intensi come quelli che si stanno sviluppando in Australia possono generare fiamme alte decine metri, procedere a velocità superiori a dieci chilometri orari (la velocità di corsa di un uomo medio) e produrre un'energia di centomila watt per metro lineare di fronte. Le squadre di terra non possono operare in sicurezza già con intensità di 4000 kW per metro (25 volte inferiore a quella degli incendi più intensi).

6) Quali sono gli effetti degli incendi?
Il bush Australiano è un ambiente che desidera bruciare con tutte le sue forze, e bruciando migliora il suo stato di salute e la sua biodiversità - con i suoi tempi, rigenerandosi nel corso di anni o decenni. Anche gli animali conoscono il pericolo e molti sanno rispondere: la stima di mezzo miliardo di animali coinvolti (o addirittura un miliardo) rilanciata dai media è una stima grossolana e un po' allarmista, che considera ad esempio anche gli uccelli - che ovviamente possono volare e allontanarsi dall'area (https://www.bbc.com/news/50986293) - con l'importante esclusione dei piccoli e delle uova. Gli animali più piccoli e meno mobili (koala, ma anche anfibi, micromammiferi e rettili) possono effettivamente non riuscire a fuggire, e questi habitat saranno radicalmente modificati per molti anni a venire - molti animali on troveranno più condizioni idonee. Altri, in compenso, ne troveranno addirittura di migliori. E' un fenomeno noto in Australia quello per cui alcuni falchi sono in grado di trasportare rametti ardenti per propagare attivamente gli incendi su nuove aree, liberando così la visuale su nuovi territori di caccia (https://bioone.org/journals/journal-of- ... HtBa0bCaFQ). Gli incendi invece possono creare forti minacce alle specie rare di piante (come il Pino di Wollemi: https://www.abc.net.au/radio/programs/p ... jlWVyevIeU) e sono soprattutto molto problematici per l'uomo: già 25 vittime per un totale di 800 morti dal 1967 a oggi, il fumo che rende l'aria pericolosa da respirare, proprietà e attività distrutte per miliardi di dollari di danni. In più, gli incendi creano erosione, aumentano il rischio idrogeologico e rischiano di rendere a loro volta ancora più grave la crisi climatica sia a livello globale, contribuendo all'aumento della CO2 atmosferica (306 milioni di tonnellate emesse finora secondo la NASA, quasi pari alle emissioni di tutto il Paese nel 2018), che locale, depositando i loro residui sui ghiacciai neozelandesi che, resi così più scuri, rischiano di fondersi con maggiore rapidità.

7) Cosa c'entra il cambiamento climatico?
La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori. Normalmente il primo anello della catena è El Nino, un riscaldamento periodico del Pacifico meridionale che causa grandi cambiamenti nella meteorologia della Terra, ma quest'anno El Nino non è attivo. Si è invece verificato con una intensità senza precedenti un altro fenomeno climatico, il Dipolo dell'Oceano Indiano (IOD) - una configurazione che porta aria umida sulle coste Africane e aria secca su quelle Australiane. E' dimostrato che il riscaldamento globale può triplicare la frequenza di eventi estremi nell'IOD (https://www.nature.com/articles/nature13327.epdf). A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona Antartica, anch'esso straordinario, per cause "naturali", che ha portato ulteriore aria calda e secca sull'Australia. Il terzo fenomeno è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali (o anti-alisei), i venti che soffiano costantemente da ovest a est tra 30 e 60 gradi di latitudine sui mari dei due emisferi terrestri. Lo spostamento verso nord degli anti-alisei (Southern Annular Mode) porta aria secca e calda sull'Australia, e sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po', dal buco dell'ozono (https://www.nature.com/articles/ngeo1296). Il cambiamento climatico quindi c'entra eccome, sia nella sua azione diretta (l'aria Australiana si è riscaldata mediamente di almeno un grado nell'ultimo secolo) sia indirettamente attraverso le sue influenze sulle grandi strutture meteorologiche dell'emisfero sud.

8) Cosa c'entra la politica australiana?
Molte critiche si sono concentrate sul governo Australiano, responsabile di non impegnarsi abbastanza per raggiungere i già modesti impegni (riduzione delle emissioni del 28% dal 2005 al 2030) che il Paese aveva contratto volontariamente agli accordi a Parigi. Il problema principale è che l'economia dell'Australia è fortemente basata sull'estrazione e l'esportazione di carbone (soprattutto verso Giappone - 40% dell'export -, Cina e India), un combustibile fossile la cui estrazione non è compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di Parigi per contenere il riscaldamento della Terra al di sotto di 1.5 °C rispetto all'epoca preindustriale. L'industria del carbone impiega quasi 40 000 lavoratori australiani ed è fortemente sussidiata dal governo. L'attuale governo conservatore, come in altre parti del mondo, è tendenzialmente restio a decarbonizzare l'economia nazionale. Tuttavia non occorre confondersi:ogni nazione è connessa a ogni altra. Gli incendi in Australia non sono solo responsabilità del PM Morrison o di chi l'ha eletto, ma di tutte le attività che nel mondo continuano a contribuire all'aumento della CO2 atmosferica - produzione e consumo di energia (30%), trasporti (25%), agricoltura e allevamento (20%), riscaldamento e raffrescamento domestico (15%) e deforestazione (10%) - tutte cose di cui sei responsabile anche tu che leggi, e anche io che scrivo (sì, anche la deforestazione tropicale).

9) Si poteva prevedere o evitare?
Tutti gli ultimi report dell'IPCC, delle istituzioni di ricerca australiane sull'ambiente, edello stesso governo, concordano nel segnalare un aumento del pericolo incendi in Australia a causa del cambiamento climatico, con grado di probabilità "virtualmente certo". Anche l'arrivo di configurazioni meteorologiche di grande pericolosità è monitorato e conosciuto con un buon anticipo. Gli allarmi sono stati diramati e le evacuazioni correttamente effettuate, a quanto mi è dato di sapere. Ma la sfida dei servizi di lotta agli incendi, valida anche in Italia, è come mantenere operativo un sistema che ha bisogno di attivarsi su vastissima scala solo una volta ogni decennio. L'altro strumento per evitare gli incendi è la prevenzione, che viene svolta su grandi estensioni con la tecnica del "fuoco prescritto", che elimina il combustibile utilizzando una fiamma bassa e scientificamente progettata (un tipo di intervento approvato anche da molti ecologisti australiani, e praticato da quarantamila anni dalle popolazioni aborigene). Nel 2018-2019 sono stati soggetti a questo trattamento 140 000 ettari di territorio, la cui applicazione è però severamente limitata dalla mancanza di fondi e, sempre lui, dal cambiamento climatico, che riduce il numero di giorni con condizioni meteorologiche idonee ad effettuarlo. C'è da dire che l'intensità della siccità e degli incendi in corso avrebbe messo probabilmente in difficoltà anche i servizi e le comunità più preparate.

10) Cosa possiamo fare?
Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l'impronta del climate change e delle nostre produzioni e (soprattutto) dei nostri consumi in quello che sta succedendo. Il problema più grande che abbiamo è questo. I koala sono colpiti duramente, ma domani toccherà ancora ad altri animali, altri ecosistemi... altri uomini. E forse anche a noi.
Per chi vive a contatto con un bosco, informarsi sul pericolo di incendio e sulle pratiche di autoprotezione necessarie a minimizzare il rischio alla vostra proprietà: gli incendi colpiranno di nuovo anche in Italia, con sempre più intensità, e possibilmente in luoghi in cui non ve li aspettereste. Sapersi proteggere è estremamente importante.
..Anche se c'è da dire che se tu bruci,poi il terreno è più fertile.Quindi è solo l'uomo il responsabile di qualsiasi incendio.Poi è logico le alte temperature agevolano questi piromani.
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